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La telefonata fra Trump e Putin c’è stata, come scrive il Washington Post, o no come dice il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov? «Tra Dmitry e il Washington Post tendo a credere al Wp, quotidiano di cui ho un enorme rispetto e che ha appena perso un suo grande columnist e amico dell’Italia, il Pulitzer Jim Hoagland».
Secondo l’ambasciatore Stefano Stefanini, già rappresentante dell’Italia presso la Nato, Trump «sta facendo il Presidente in pieno, non solo il Presidente eletto. Quando dice che farà la pace in 24 ore, significa che dopo il 20 gennaio, giorno del suo insediamento, potrà esserci un cessate il fuoco che però deve essere preparato adesso. Trump è in una situazione per cui se dice lo farò, non ha motivo per non farlo: non c’è limite ai suoi poteri presidenziali. A Biden resta la possibilità di fornire fino al 20 gennaio aiuti sostanziosi a Zelensky, come sta facendo».
Trump consentirà al Cremlino di realizzare i suoi piani?
«Trump ha una filosofia: America first. Se ritiene che non sia nell’interesse strategico continuare a sostenere il confronto militare ucraino con la Russia e neanche opporsi all’espansionismo russo nell’area dell’Ex Urss, non lo farà. Ma non perché fa il gioco di Putin, ma perché ritiene che questo sia l’interesse dell’America. È vero però che Trump tende ad avere un rispetto verso Putin che non ha verso la maggior parte degli altri leader europei. Mi disse un suo ex segretario alla Difesa che Trump tendeva ad avere una certa riverenza nei confronti di Putin».
La trattativa Trump-Putin può creare una frattura con l’Europa?
«Paesi come Francia, Regno Unito e Germania hanno investito su Kiev economicamente, politicamente e militarmente. Che Trump incoraggi Zelensky ad accettare quanto gli chiede Putin è un boccone amaro per i leader europei, che parlando con Trump gli avranno già espresso le loro idee. La realtà è che non sappiamo cosa farà Trump. E questa imprevedibilità rientra nella sua strategia: ho i miei piani, ma se ve li dico non posso più usarli».
Per Putin è un bene che abbia vinto lui?
«Assolutamente sì, viene meno il cordone ombelicale con Washington. Trump non ha nessuna intenzione di continuare a dare all’Ucraina gli aiuti di questi tre anni, l’onere dev’essere degli europei secondo lui. Inoltre, è contrario al suo ingresso nella Nato. Nessuno ha il coraggio di dirlo, in Europa né altrove, ma l’adesione di Kiev è un capitolo chiuso. Chi ha bloccato l’invito a entrare nella Nato negli ultimi tre anni sono stati proprio gli americani e i tedeschi, nonostante la spinta inversa di nordici ed esteuropei. L’Ucraina, però, è candidata all’ingresso nella Ue. Manterremo la sua candidatura in piedi anche se Putin imporrà come condizione per metter fine alla guerra, oltre ai guadagni territoriali delle province che ha già annesso, anche l’adesione alla Ue?».
C’è speranza per l’Ucraina e Zelensky?
«C’è poco da essere ottimisti, anche per le vicissitudini belliche che non stanno andando bene per Kiev, per quanto le guerre siano spesso a corrente alternata e se l’Ucraina potesse contare sul consistente sostegno occidentale a tempo indeterminato potrebbe continuare a difendersi. Ma poi anche perché l’Ucraina si trova tra Scilla e Cariddi. La Scilla di essere costretta ad accettare una pace imposta alle condizioni più o meno della Russia, che è l’ipotesi peggiore, e la Cariddi di essere affidata al sostegno solo Europeo quando l’Europa, che neppure è unita su questo, non ha la capacità industriale di sostenerne lo sforzo bellico».
Nella trattativa potrebbe entrare anche lo scacchiere del Pacifico?
«Possibilissimo. Una delle critiche dei repubblicani all’amministrazione Biden è quella di avere cementato il rapporto tra Mosca e Pechino».