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I due fattori che spaventano Italia ed Europa: perché ora l'Inter è una corazzata imbattibile

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Claudio Savelli 19 dicembre 2024

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L’eco del 6-0 impartito a domicilio alla Lazio è così forte da arrivare nei salotti esteri che si occupano del calcio italiano e negli ex campioni come Kross che «all’Inter ci giocherebbero». È certamente arrivato anche ad Atalanta e Napoli, le prime e più credibili rivali per il titolo: l’Inter è tornata a essere l’Inter dello scudetto. Convinta, lucida, travolgente. Ora tocca a loro rispondere senza timore, in questo gioco di segnali a distanza, dato che per un po’ non ci saranno più scontri diretti. Nel frattempo, l’altra squadra che deve prestare attenzione a questo risultato è proprio l’Inter stessa. Inzaghi si è rimesso subito all’opera: complimenti ai suoi ragazzi ma vietato specchiarsi in questo risultato.

Va archiviato, come i precedenti. E ce ne sono, di precedenti. L’Inter negli ultimi due anni ha spazzato via quasi tutte le grandi del campionato italiano: 5-1 al Milan nel bel mezzo di sei derby vinti consecutivamente, 4-0 alla Fiorentina, due volte un 4-0 all’Atalanta, un 3-0 e un 4-2 alla Roma, un 3-0 in casa del Napoli fresco campione d’Italia, e questo 6-0 alla Lazio lanciata come non mai. E alla Juventus stava per impartire un 4-2 sulla stessa linea, non si fosse addormentata nel finale proprio per il motivo di cui sopra: bearsi della propria magnificenza. La goleada alla Lazio racconta perfettamente di che pasta è fatta l’Inter versione scudetto, la sua doppia anima operaia ed elitaria.

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L’applicazione, la capacità di sporcarsi le mani nelle coperture del campo, il rispetto verso la forza dell’avversaria e l’abnegazione nell’applicare il piano di gara di Inzaghi si è vista nella prima mezz’ora in cui la Lazio dominava il possesso e il campo ma non l’Inter. Sornioni, i nerazzurri hanno lavorato nell’ombra, accettando che la loro partita iniziasse al 40esimo minuto, facendosi bastare un tempo e poco più per vincere. L’episodio stappa l’altra Inter, quella divertente perché divertita nel suo gioco avvolgente, dinamico, mai uguale a sé stesso. Nelle prime partite di questa stagione sembrava fosse rimasta solo questa versione di Inter, poi il 4-4 contro la Juventus ha richiamato quell’altra di cui sopra, quella che distingue le squadre grandi da quelle leggendarie.

Dovesse continuare così, questa Inter diventerà leggendaria, ammesso che non lo sia già perché in lei abitano diverse rivoluzioni: quella della gestione dei calciatori tra le competizioni, quella del gioco di eterne rotazioni (nel gol di Dimarco, per dirne una, l’area era riempita dai tre centrocampisti e dai due esterni, non dai due attaccanti), quella dei mercati a impatto zero. I numeri ora stanno tornando. Dai 13 gol subiti nelle prime 9 giornate siamo passati a due soltanto nelle ultime sei. Ora sono 15 in altrettante partite per la quarta miglior difesa dopo Napoli, Fiorentina (11) e Juventus (12) ma con un trend in miglioramento. Compensano i gol segnati che, complici le scorpacciate contro Lazio e Verona, sono diventati 40: negli ultimi vent’anni solo altre due squadre ci erano riuscite, l’Inter 2020/21 di Conte (40) e la Juventus 2017/18 di Allegri (41) e in entrambi casi fu scudetto.

Queste due formazioni avevano dentro una rabbia agonistica particolare data dagli allenatori e dai momenti storici, la stessa rabbia che a questa Inter è tornata negli ultimi due mesi. Rieccola evidente nel non fermarsi contro la Lazio (perché avrebbe dovuto?) e ai sassolini che Inzaghi si è tolto dalle scarpe contro chi ha vociferato dopo il ko di Leverkusen. Senza il turnover in Germania, la memorabile prestazione dell’Olimpico non sarebbe arrivata, motivo per cui domani contro l’Udinese in Coppa Italia (alle 21, diretta Italia 1) la rotazione sarà ancora più profonda.

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