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Influenza aviaria, Pregliasco: «Contagi sottostimati. L'errore è stato non preacquistare i vaccini»

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L’influenza aviaria sta destando preoccupazioni in tutto il mondo, soprattutto in seguito alle notizie di casi umani all'estero. Nel 2024, secondo quanto riportato dall'Oms, si sono registrati «81 casi umani di H5 nel 2024, mai così tanti dal 2015». Anche se nel nostro Paese la patologia ha interessato, per ora, solo gli animali, il virus ha la capacità di mutare e il rischio del salto di specie si fa sempre più concreto. Ora il virologo Fabrizio Pregliasco ha espresso la sua opinione sull'atteggiamento del nostro Paese in merito.

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Aviaria in Italia, le parole di Pregliasco

La situazione in Italia, almeno per il momento, sembra sotto controllo, ma Fabrizio Pregliasco, direttore della Scuola di specializzazione in Igiene e Medicina preventiva dell'Università Statale di Milano, ha espresso preoccupazioni a riguardo. 

«Di sicuro è necessario un incremento delle indagini epidemiologiche, virologiche ed è anche importante fare una sottotipizzazione dei casi di influenza per avere un quadro più chiaro. Insomma, bisogna rafforzare ancora di più le attività di verifica che già si fanno» spiega Pregliasco in un'esclusiva di City Rumors.

In merito al salto di specie spiega che «in queste occasioni è sempre difficile fare delle previsioni, ma non credo che avremo problematiche di casi umani».

Tuttavia i contagi potrebbero essere in generale più di quanto ci si aspetta. «Ad oggi possiamo dire che parliamo di contagi sottostimati in generale, anche perché la maggior parte portano solo una congiuntivite. Ma sicuramente gli allevatori devono alzare il livello di attenzione e, soprattutto, gli elementi di sorveglianza non devono riguardare il nostro Paese, ma anche il resto del mondo».

E rivolge anche un richiamo il nostro Paese sul tema salute. «A mio avviso l’Italia ha fatto male a non opzionare il preacquisto dei vaccini per il virus H5N1, così detti prepandemici. Questi sono già disponibili e potrebbero essere utili magari in una fase successiva per una immunizzazione dei soggetti ad alto rischio e non di massa».

La situazione dei casi umani nel mondo

«L'anno scorso, sono stati segnalati 66 casi di influenza aviaria H5 negli Stati Uniti, più 10 dalla Cambogia, 2 dal Vietnam e uno ciascuno da Australia, Canada e Cina», per un totale di 81 a livello globale. «È il numero più alto di casi umani segnalati dal 2015». E nel 2025 sono già arrivate le prime segnalazioni, finora di 2 casi, tra cui 1 decesso negli Stati Uniti e 1 decesso in Cambogia. Quasi tutti questi casi sono associati a bovini da latte o pollame infetti». A fare il punto è stato il direttore generale dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms), Tedros Adhanom Ghebreyesus, oggi durante il consueto briefing con la stampa. Ad essere «particolarmente preoccupante» è il virus «H5N1, perché da quando sono stati segnalati i primi casi umani nel 2003, ha ucciso quasi la metà di coloro che ha colpito. Fortunatamente, l'H5N1 non ha ancora sviluppato la capacità di trasmettersi facilmente tra gli esseri umani. Ma potrebbe essere solo questione di tempo».

Il caso dei vaccini

Per quanto riguarda l'Italia, Pregliasco si era già espresso piuttosto duramente sull'atteggiamento nel nostro Paese. «Sicuramente a livello internazionale c'è una sottostima della diffusione dell'influenza aviaria, sul versante animale e ancor più nell'uomo». E «se l'Europa alcune iniziative le ha messe in campo, l'Italia in modo incomprensibile non ha opzionato quei vaccini prepandemici che sono già disponibili e che l'Europa aveva voluto mettere a disposizione. Questa secondo me non è una buona cosa, certo non aiuta», diceva all'Adnkronos Salute il virologo.

Dopo la notizia del gatto risultato positivo all'aviaria a Valsamoggia in provincia di Bologna, l'esperto premette che «non è facile predire il futuro», ma «non credo che in Italia vedremo dei casi umani a breve. Però sicuramente la sorveglianza va rafforzata», ribadisce il medico. «La questione è internazionale - precisa - e richiede una sorveglianza stringente, sul fronte veterinario e nei pazienti. Come i Cdc americani hanno raccomandato di fare nei ricoverati, è necessario accelerare i test per la sottotipizzazione dei virus A, così da poter avere un segnale immediato in caso di infezione da virus come l'H5N1».

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