La Fondazione Getty dovrà riportare la statua greca dell’Atleta vittorioso in Italia. Qualcuno ha forse letto questa notizia freschissima del 2 maggio e probabilmente non si è soffermato a pensare agli aspetti giuridici e soprattutto giurisdizionali dell’accaduto. Tuttavia, oltre alla legittima soddisfazione patriottica di riavere la preziosa scultura bronzea datata tra il IV e il II secolo a. C., anche il come si è arrivati a tale risultato è importante. Il manufatto era stato esportato illegalmente fuori dall’Italia e poi acquistato nel 1977 dalla Fondazione Getty che l’ha esposto nella villa di Malibù. L’Italia aveva agito per il rientro dell’opera e nel 2018 la Corte di Cassazione aveva convalidato l’ordine di confisca della statua del Gip di Pesaro. La Fondazione ha presentato allora ricorso alla Corte Europea dei Diritti Umani la quale ha però deliberato che la protezione del patrimonio culturale e artistico di un paese sia conforme all’interesse generale così come definito dal Protocollo n. 1 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e perciò ha dato ragione, una tantum, allo Stato Italiano.
Questa notizia ci porta a considerare quanto sia rilevante il Consiglio d’Europa, una delle istituzioni meno conosciute in Italia e che molto spesso è confuso con il Consiglio Europeo dei Ministri dell’Unione Europea. Invece, il 5 maggio 1949, 75 anni fa, nasceva la prima organizzazione europea del dopoguerra e tra i 10 stati fondatori fu ammessa anche l’Italia grazie al suo status di nazione sconfitta ma mezza redenta. Lo scopo del Consiglio d’Europa all’inizio era molto ambizioso: garantire la creazione di uno spazio democratico e giuridico comune nel Vecchio Continente, garantendo il rispetto dei diritti umani e dello stato di diritto. L’istituzione si proponeva come motore di federalismo ed integrazione politica ed economica. Successivamente questo obiettivo non si dimostrò raggiungibile e infatti il compito fu lasciato in gran parte all’Unione Europea, ma non per questo il Consiglio d’Europa ha poco rilievo nelle nostre vite.
In primis, nel novembre 1950 fu firmata a Roma la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo che entrò in vigore il 3 settembre 1953. Nella carta sono fissati i principi fondamentali civili e politici, come il diritto alla vita, a un equo processo, la libertà di espressione, pensiero e religione. Si proibisce la tortura, il lavoro forzato, la pena di morte e ogni forma di discriminazione e dal 1959 opera per l’appunto la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (Cedu) per assicurarne il rispetto. Nel corso degli anni tutti le nazioni europee (ben 47) ne sono diventate membri con due eccezioni: la dittatoriale Bielorussia e la Russia che, entrata nel 1996, è uscita nel marzo del 2022 prima di essere espulsa a causa dell’aggressione all’Ucraina.
Il Consiglio d’Europa è un’organizzazione internazionale in piena regola: è dotata di un Segretariato generale, un’Assemblea Parlamentare con ruolo consultivo, il Comitato dei ministri, il Congresso dei poteri locali e regionali. Dagli esordi ha promosso molteplici altre convenzioni che in alcuni casi hanno la forza di trattati internazionali: la Carta Sociale europea, la Convenzione sulla criminalità informatica, quella per la protezione dei bambini e molte altre. Ma il piatto forte rimane certamente l’opera della Cedu che emana sentenze obbligatorie per gli Stati membri i quali devono poi porre in essere le attività necessarie per cambiare la normativa in violazione della Convenzione e, quando necessario, i giudici stabiliscono anche un risarcimento a favore della parte ricorrente che ha visto riconosciuti i suoi diritti.
L’Italia, bersagliata per i suoi inescusabili ritardi processuali, ha cambiato anni fa la legge prevedendo l’indennizzo per chi ha patito a causa della ingiustificata lentezza della giustizia. È stata costretta a migliorare l’accoglienza carceraria che in alcuni casi era paragonabile a una tortura, risarcire chi ha dovuto attendere troppo l’esecuzione delle sentenze (anche in casi recenti del 2024 come Rizzo Striano vs. Italia o Alunni vs. Italia o il noto Molino Rummo) o pagare quando le condizioni dei centri accoglienza erano talmente deteriori da violare i diritti umani. Insomma, il Consiglio d’Europa, pur con poteri limitati, ci ha resi migliori e contribuisce a diffondere per tutta l’Europa una cultura del diritto e dei diritti. Per chi fosse tentato di dare ascolto ai fanfaroni che si affannano a auspicare “meno Europa” anche questo anniversario può servire da monito.