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Se non individuato il perché, il disservizio può diventare un cane che si morde la coda di attese, inefficienza e, talvolta, perdita di vite. Come nel caso della sanità italiana, che tra tante eccellenze spicca anche per una paralisi gestionale dovuta a carenze di personale, fondi tagliati e sempre meno medicina di territorio.
Il tutto è peggiorato dopo il 2020: la sanità di territorio è sempre più irrisoria anche agli occhi di chi deve soddisfare esigenze del medesimo settore, ma occupando un altro ruolo.
E’ il caso di Andrea, infermiere secondo il quale “le ambulanze vengono ormai usate come taxi”: ne scaturirebbe una reazione a catena di disservizi del quale l’ascoltatore ha fatto un punto in questa chiamata:
«Lavoro per l’Ares 118 che è sostanzialmente una parte degli ingressi dei clienti che vengono portati con l’ambulanza nei pronto soccorso.
Vi posso assicurare la problematica dei pronto soccorso è molto ampia e sarebbe da affrontare in maniera concreta, ma parlando con altri utenti, una è quella per la quale lavoro io, cioè Ares 118, l’altra sono i medici di famiglia: questo secondo me è fondamentale, il motivo principale per il quale si crea disservizio sia nei pronto soccorso che sulle ambulanze. La guardia medica entrerebbe in gioco dalle 20 alle 8 di mattina e sui festivi, sabato e domenica sostanzialmente, quando non è reperibile il medico di famiglia. Il problema è che i medici di famiglia una volta venivano a casa a visitare, e lo facevano per qualsiasi motivo. Adesso non vengono più. Stessa cosa per quanto riguarda la guardia medica: non esiste, non si assumono più responsabilità come facevano una volta: dicono “chiamate l’ambulanza e fatevi portare in ospedale”, perché non si assumono più neanche la minima responsabilità di andare a visitare le persone a casa, non so se è per pigrizia o per paura, ma sicuramente tendono a non assumersi responsabilità. Il 118, dove lavoro io, viene usato più come taxi che come urgenza ed emergenza.
Il nostro è un servizio di urgenza ed emergenza, e assicuro che ci chiamano per persone che hanno avuto una storta quattro giorni prima della chiamata e pretendono l’ambulanza, nonostante uno provi a spiegargli che non dovrebbe essere quello il modo di usare l’ambulanza. Loro la pretendono e non possiamo dirgli di no. Noi siamo costretti a dire di sì e la nostra azienda viene pagata sui viaggi, sui trasporti che fa.
Che succede? Immaginate una famiglia, il papà e il figlio. Noi, Ares, il figlio. Il papà è colui che sovvenziona il figlio, il figlio prende la paghetta in base a un determinato servizio che deve fare, e preferisce fare servizi magari inutili rivolti alla famiglia, che è la regione, piuttosto che dire al papà di fermarsi, che questo servizio noi non dovremmo farlo. Purtroppo però Ares è pagata a servizi, quindi perché non farli? Perché dire a noi utenti e infermieri al telefono “ragazzi, dovete parlare con il cliente, dovete spiegargli che Ares non funziona così”. Addirittura a ci viene detto di non fare la morale a chi ci chiama. Cioè, a me, infermiere, viene detto: “Chi ti chiama se ti dice che ha un’unghia incarnita non devi dirgli che non c’è bisogno dell’ambulanza, gliela devi mandare”. C’è anche un abuso di chiamate per cose ridicole».