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“La Cina è una potenza imperialista il suo vero nemico sono gli Stati Uniti”

6 mesi fa 4
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PARIGI. «Non sono certo che Emmanuel Macron verrà seguito nelle sue esortazioni bellicose». Usa toni eufemistici il filosofo francese Pascal Bruckner quando parla della possibilità di inviare truppe occidentali in Ucraina evocata dal suo presidente. «È la sua posizione personale, non ha consultato nessuno per formularla», afferma l’intellettuale, uscito recentemente in Francia con il suo ultimo libro Soffro quindi sono, che dovrebbe arrivare in Italia tra circa un anno. Del resto, «la Francia è come una Repubblica monarchica». Ma Bruckner non sembra avere molte speranze sui colloqui di oggi tra Macron, Xi e Von der Leyen, durante i quali i due leader europei cercheranno di convincere il cinese ad allentare i suoi rapporti con la Russia.

Che risultati si aspetta dalla visita di Xi Jinping a Parigi?
«Dubito che Macron da solo riuscirà ad ottenere qualcosa dall’omologo cinese, che è un tiranno neostalinista».

Pechino si trova quindi in una posizione di forza?
«La Cina è detestata in tutto il mondo perché ha l’arroganza tipica di una potenza imperiale. Non è amata in Asia da Paesi come la Malesia, le Filippine o l’India, ma nemmeno in America Latina. Nonostante la sua potenza, quindi, ci sono dei punti su cui far leva nelle negoziazioni come questi».

Con la Russia, però, la Cina sembra aver creato un’importante intesa.
«I cinesi hanno un’affinità solamente con loro stessi. Storicamente Pechino e Mosca intrattengono relazioni difficili. Si sono scontrati più volte in passato, come nel 1969 con il conflitto di frontiera sino-sovietico o nel 1860, quando i russi si appropriarono di milioni di ettari di territorio cinese. Al momento hanno interesse nel fornire armi ai russi in chiave antioccidentale e, soprattutto, antiamericana. Gli Stati Uniti sono il loro vero nemico. L’Europa è considerata più come una spina nel piede perché è troppo debole per essere vista come un’avversaria».

Intanto Macron continua ad affermare che l’invio di truppe al fronte non può essere escluso.
«Il presidente ha detto chiaramente di voler mantenere una “ambiguità strategica”: parla senza dire chiaramente quello che farà. È un modo per intimidire i russi. L’invio di truppe avrebbe senso solo se fossero soldati della Nato, ma al momento non c’è un accordo tra i Paesi alleati. La proposta di Macron assumerà efficacia solo quando diventerà verosimile, e al momento non lo è. In ogni modo, la Nato si sarebbe dovuta impegnare molto prima per fermare l’orrore russo. Ci svegliamo sempre un po’ troppo tardi».

Sta di fatto che il presidente francese con le sue uscite sta seminando incomprensione tra i partner.
«Neanche in Francia sono sicuro che sia seguito e capito quando parla di questo dossier. Si fatica a comprendere l’oscillazione del suo pensiero: prima diceva che la Nato è in stato di “morte cerebrale”, mentre oggi sembra considerare l’Alleanza atlantica rivitalizzata. Recentemente ha anche dichiarato che l’Europa può morire. Macron vorrebbe prendere la guida di un’Europa dotata di una propria difesa strategica».

E in Francia quali sono le reazioni all’atteggiamento dell’inquilino dell’Eliseo nel dossier ucraino?
«Nel Paese c’è un forte antiamericanismo e le posizioni guerrafondaie di Macron non sono ben viste. I francesi, come tutti i popoli, vogliono la pace. Per questo un impegno francese in Ucraina non sarebbe accolto positivamente. Il presidente appare disconnesso dai suoi connazionali».

Nel suo ultimo libro parla di una nuova tendenza presente nella società contemporanea, in base alla quale la figura dell’eroe viene sostituita da quella della vittima. È possibile instaurare un parallelo con l’Ucraina, che cerca di difendersi dall’aggressione russa?
«Sì perché gli ucraini si battono in modo eroico per la loro libertà, mentre qui in Francia i giovani manifestano per avere la pensione a 60 anni. Ma il conflitto va avanti e l’opinione pubblica comincia a stancarsi di questa guerra e di conseguenza c’è un calo della solidarietà per Kiev. La crisi israelo-palestinese, poi, sta distogliendo l’attenzione. Una parte degli studenti nei campus Usa preferisce esprimere il suo sostegno alla popolazione di Gaza che a quella ucraina».

Cosa è cambiato?
«L’Europa non è aggressiva, è un continente che preferisce chiudersi nell’odio verso sé stesso, nell’autoflagellazione. Già negli Anni 20 lo scrittore francese Louis Aragon diceva che “il mondo occidentale è condannato a morte”. Oggi ci si chiude nel vittimismo».

Russia e Cina potrebbero approfittare di questo atteggiamento occidentale?
«Certo! Conoscono molto bene le nostre debolezze, ma anche loro ne hanno e tendono a vittimizzarsi. Vladimir Putin sostiene che gli ucraini sono dei nazisti e i russi sono dei resistenti. I cinesi, invece, affermano di lottare contro le ex potenze coloniali che hanno saccheggiato il loro Paese. Vincerà il più resistente».

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