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Polemiche su Merendopoli, il gioco ispirato al Mostro di Firenze. L’inventore: “Solo goliardia”

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«È un gioco goliardico, non c’è nessun riferimento alle vittime, niente di cruento o di splatter». Dietro al gioco da tavolo Merendopoli, ispirato alle vicende giudiziarie del Mostro di Firenze e messo in vendita su Instagram a 37 euro la confezione, c’è un 42enne di Lucca, Andrea Matteoni, di professione tecnico di Ferrovie dello Stato.

Come le è venuta questa idea?
«Mi è venuta mentre attaccavo dei post-it sul tabellone di un altro gioco. Io sono un appassionato di cronaca giudiziaria italiana e ho pensato di creare un gioco che si rifacesse alla storia del Mostro di Firenze».

E la cosa è piaciuta? Ne ha venduti molti?
«Da quattro giorni non faccio neanche in tempo a prendere le prenotazioni, c’è chi mi offre il doppio del prezzo, chi addirittura lo vuole autografato. I primi duecento pezzi sono già stati prenotati».

Nessuno si è indignato?
«Pochissimi hanno reagito negativamente su Instagram. Del resto, secondo me potrebbe essere offensivo solo se parlasse delle vittime del Mostro di Firenze, mentre il gioco è incentrato sulle vicende giudiziarie. Non ci sono le morti, niente di sanguinoso, è un gioco sulla serie di processi che si sono susseguiti».

Ma come funziona?
«Si tirano i dadi e si va avanti con la pedina, il classico gioco dell’oca».

Pensava che potesse avere successo?
«In realtà all’inizio volevo farlo per me e giocarci con gli amici: ci ho giocato con quattro persone che conoscevo e ha funzionato. Andai in copisteria e ne feci fare duecento copie, per venderlo ad amici e conoscenti. Ho speso poche migliaia di euro, era una piccola scommessa».

E poi?
«Ho partecipato a Lucca Comics, mi sono appoggiato a un pub della città che mi ha dato un piccolo spazio in amicizia per esporre il gioco. In pochi giorni, col passaparola e su Instagram, è diventato virale. E ho venduto i primi duecento».

Lo definisce un gioco goliardico, ma quella del Mostro di Firenze è una storia terribile, che cosa intende?
«Nelle case del tabellone ci sono frasi pronunciate durante il processo che hanno fatto ridere in modo tragicomico l’Italia, come quando Pacciani, parlando di una testimone che a sentir lui voleva incastrarlo, dice che “puzzava come una volpe”. Nei filmati si vede come la sua frase abbia suscitato ilarità generale in aula».

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