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La Cina impone contro dazi, 'telefonata Trump-Xi' 

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La Cina scatena la ritorsione contro l'aumento dei dazi di Donald Trump in attesa dell'imminente telefonata tra i leader dei due Paesi che potrebbe, almeno momentaneamente, calmare le acque. In un'azione coordinata, diversi enti governativi hanno annunciato azioni mirate verso beni e aziende americane alle 13.02 locali, un minuto dopo l'entrata in vigore delle tariffe statunitensi del 10% sull'import di tutti i beni made in China. Il ministero del Commercio ha elencato aliquote del 15% su carbone e gas naturale liquefatto a stelle e strisce, nonché del 10% aggiuntivo su petrolio, attrezzature agricole e alcuni veicoli di grossa cilindrata Usa, efficaci da lunedì 10 febbraio.

   La sferzata mandarina prevede anche una stretta generale sui controlli all'export di tungsteno, tellurio e altri prodotti in metalli rari che potrebbero essere utilizzati per beni ad alta tecnologia come le batterie al litio, ad evidenziare la vulnerabilità delle catene di fornitura globali ai materiali sensibili provenienti dalla Cina. In più, le aziende americane Pvh - che controlla i brand Calvin Klein e Tommy Hilfiger - e Illumina sono finite nella lista delle cosiddette "entità inaffidabili". Pvh è sotto inchiesta da settembre 2024 per "boicottaggio irragionevole" del cotone proveniente dallo Xinjiang, dove Pechino è accusata di violazioni dei diritti umani soprattutto a danno delle minoranze musulmane di etnia uigura. Illumina, gruppo biotecnologico, ha uffici in Cina e produce reagenti per test a Shanghai.

   L'Antitrust cinese ha poi annunciato l'avvio di una non meglio specificata indagine anti-monopolio su Google i cui prodotti, come il motore di ricerca, sono bloccati nel Dragone. Il gruppo californiano mantiene ancora uffici nel Paese, malgrado il ritiro dal mercato nel 2010 a causa delle controversie sulla censura del Great Firewall: quindi, è al riparo da conseguenze di rilievo. Tuttavia, Google, insieme a Pvh e Illumina, si aggiunge alla lista di società americane che possono fare pressioni su Washington per i negoziati con Pechino.

   "L'imposizione di tariffe da parte degli Stati Uniti sull'export cinese è una grave violazione delle regole dell'Organizzazione mondiale del commercio", ha tuonato il ministero del Commercio, criticando la condotta Usa "di natura dolosa, tipica dell'unilateralismo e di forme di protezionismo". Il reclamo al Wto è stato il passaggio obbligato anche se simbolico dato che gli Usa ostacolano dal 2019 la sua capacità di rendere esecutive le decisioni sui diversi contenziosi commerciali bloccando la nomina di nuovi giudici nel collegio di appello. Trump ha congelato per un mese i dazi al 25% su Canada e Messico, mentre ha deciso di procedere contro la Cina, la cui economia è nella condizione più debole da decenni e più dipendente dagli Usa per il commercio.

   La risposta di Pechino è stata in gran parte progettata per mostrare la disponibilità a rischiare una guerra commerciale più seria, lasciando spazi di dialogo. L'import cinese di combustibili fossili, auto ad alto consumo e attrezzature agricole americane è insignificante ma il tycoon vede gli Usa come una potenza energetica globale. La Cina ha riservato le tariffe più elevate proprio al Gnl, di cui l'America è il primo esportatore mondiale, mentre conta su gas e greggio da Russia, Arabia Saudita e Iran.

   "Le questioni tra i due Paesi dovrebbero essere affrontate attraverso il dialogo e le consultazioni, piuttosto che con pressioni irragionevoli o coercizioni unilaterali", è stato il mantra ribadito dal ministero degli Esteri cinese nelle ultime settimane. Malgrado Pechino non abbia replicato sui dazi con toni conflittuali, non ha però offerto a Washington concessioni immediate come Canada e Messico. Trump ha anticipato lunedì che avrebbe potuto parlare con l'omologo Xi Jinping nei "prossimi due giorni". La telefonata "ci sarà oggi", aveva annunciato il consigliere per il Commercio del tycoon Peter Navarro, ma poi un funzionario americano ha fatto sapere al Wall Street Journal che il colloquio dovrebbe slittare. Ad ogni modo domani in Cina sarà il primo giorno lavorativo dopo la lunga festività del Capodanno lunare. E i temi in agenda dell'atteso colloquio tra i due saranno molti, inclusa la mossa americana sul Canale di Panama che non è affatto piaciuta a Pechino.

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