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Quando poco meno di un anno fa si parlò degli accordi con la Tunisia come «un modello per le relazioni tra Ue e Nord Africa» in pochi, soprattutto a Bruxelles e a Strasburgo, avrebbero realmente scommesso che sarebbe stato così. Eppure in un Egitto dai ritmi scombussolati dal ramadan e dall’inflazione, oggi Giorgia Meloni non sarà la sola leader europea ad atterrare al Cairo come accadde a ottobre scorso, per la prima conferenza di Pace sul conflitto a Gaza. Con lei ci saranno infatti non solo la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen ma anche il presidente di turno del Consiglio Ue e primo ministro belga Alexander De Croo, il primo ministro greco Kyriakos Mitsotakis, il cancelliere austriaco Karl Nehammer e il primo ministro cipriota Nikos Christodoulidis.
GLI OBIETTIVI
Una delegazione corposa che con lo stesso obiettivo individuato a Tunisi - sostenere l’economia per evitare l’intensificazione dei flussi migratori - ma si spera con esiti meno problematici, porta in dote un pacchetto di aiuti da 7,4 miliardi di euro. Sovvenzioni e prestiti da restituire entro il 2027 (oltre la metà legati alla realizzazione di riforme per liberare l’economia dalla dipendenza statale e militare) che se non hanno granché a che fare con il ruolo recitato dal presidente egiziano Al Sisi nel tentativo di arginare la reazione israeliana a Gaza, sono profondamente connesse a quanto sta accadendo nel mondo. Dopo la battuta d’arresto sulle importazioni di cereali dall’Ucraina, ora il Cairo si ritrova in una traiettoria devastata dal calo dei flussi turistici “inibiti” dal conflitto, dalle ricadute sull’export energetico di gas naturale liquefatto e da quelle sul passaggio verso l’Europa.
I miliardi di euro persi dai porti italiani a causa del calo dei transiti marittimi dovuti agli attacchi Houthi, sono la punta di un iceberg che oggi intimorisce tutto il Continente. Se dovesse cedere la fragile economia egiziana, alle prese con un’inflazione che sfiora il 40% e sotto scacco a causa dei mancati introiti a Suez per gli attacchi Houthi, non c’è solo il rischio che si mettano in viaggio i circa 500mila profughi che popolano il Paese.
Ma soprattutto che cedano il confine sudanese e quello libico. Ad un anno dall’inizio della guerra tra ex golpisti e ribelli, il Sudan è infatti una polveriera che preme sull’Egitto con quasi 8 milioni di profughi. La Libia invece, già contenitore delle speranze di traversata di milioni di abitanti, tornerebbe ad essere il porto principe verso l’Europa. Per questo Al Sisi, spiegano fonti diplomatiche nostrane, si è detto «pronto a collaborare per contrastare il transito di migranti irregolari». Per questo von der Leyen e la stessa Meloni hanno spinto tanto per la visita di oggi. Elly Schlein: «Gravissimo che la presidente della Commissione Europa Ursula von der Leyen voli in Egitto insieme a Giorgia Meloni per promettere risorse al regime di Al-Sisi in cambio del controllo e dello stop alle partenze». Anche Salvini attacca: «L’attuale Ue è la morte del sogno e dello spirito europeo, i burocrati e i banchieri sono i primi nemici dell’Europa. Non sarà la stessa cosa per un ventenne votare Lega o votare per Fdi o Forza Italia...».
Piano Mattei, Meloni: domenica sarò in Egitto, accordo simile a quello con la Tunisia
LA STABILITÀ
Resta il senso della missione: «Stabilizzare l’area è una priorità europea e del governo italiano», spiegano nell’esecutivo. Tant’è che accanto all’elevazione del livello diplomatico delle relazioni Ue-Egitto a «partenariato strategico globale», l’Italia siglerà una serie di intese bilaterali riconducibili alla realizzazione del Piano Mattei. Progetti spesso riconducibili ad aree strategiche proprio per la tenuta del Paese nordafricano. E quindi non solo energetiche, ma anche legate ad infrastrutture e alla capacità di garantire la sicurezza alimentare per la popolazione.
In ballo però c’è pure la costruzione di un’influenza diplomatica che, come la storia ha dimostrato, è fondamentale in aree così strategiche. I miliardi europei e il soft power italiano sono quindi anche un modo per compensare l’avvicinamento egiziano a Vladimir Putin.
Se oggi Al Sisi stringerà sorridente la mano a Meloni e von der Leyen, con quegli stessi occhiali iconici che lo ritraggono nei manifesti attaccati un po’ ovunque a tre mesi dalle ultime elezioni e a 11 anni dal golpe che lo ha incoronato, appena qualche giorno fa accoglieva il moscovita per la posa della prima pietra del reattore nucleare russo di Al Dabaa.