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Nuovo 730, gli investimenti da dichiarare. Doppio obbligo per le criptovalute

6 mesi fa 5
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Scatta l’operazione 730. E quest’anno c’è una piccola rivoluzione per chi investe. Come sempre, non vanno inseriti redditi da capitale che sono soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, oppure a imposta sostitutiva, ma per chi ha puntato sulle criptovalute il discorso cambia. Vale a dire che, mentre per cedole e dividendi legati a investimenti in azioni, obbligazioni e titoli di Stato effettuati attraverso una banca italiana per cui si è scelto il regime amministrato (il più comune tra i risparmiatori) non si deve compilare nulla nel 730 (ci avrà già pensato l’istituto di credito a farsi carico degli adempimenti fiscali riguardanti i redditi di capitale maturati), per chi ha puntato su investimenti come i Bitcoin il discorso cambia. Negli ultimi anni, questa nuova valuta virtuale è diventata molto popolare anche tra i piccoli risparmiatori. Ad attirare sono stati i guadagni stellari che questo tipo di strumento ha offerto a più riprese, ma che molte volte sono stati seguiti da tonfi profondi. Occorre sottolineare che la volatilità sulle monete virtuali è stata sempre molto alta e dunque è necessario muoversi con prudenza. Adesso su questo tipo di strumento scattano importanti novità dal Fisco: da quest’anno i guadagni sulle criptovalute andranno inseriti nella dichiarazione dei redditi e occorrerà pagare un’imposta del 26% a partire da un certo livello di plusvalenze realizzate. L’imposizione è retroattiva e corre indietro fino al 2023. Molti sono all’oscuro di questo nuovo meccanismo. Al quale si aggiunge anche il fatto che bisogna pagare anche per la detenzione delle criptovalute: è previsto infatti il versamento dell’imposta di bollo del 2 per 1000 sulle giacenze, proprio come avviene sul dossier titoli in banca (azioni e obbligazioni e altri strumenti più tradizionali). Si tratta di passaggi che non sono semplici da decifrare e il rischio di commettere errori è grande. Ecco che cosa c’è da sapere. 

Debutta il quadro W
A introdurre la novità sulle criptovalute è stata la Legge di Bilancio 2022, che ha deciso modifiche significative nel trattamento fiscale delle criptovalute. Di fatto il quadro RW del Modello Redditi fa il suo ingresso nel 730 di quest’anno: gli investimenti finanziari e immobiliari, oltre alle cripto-attività, hanno il loro spazio nel 730/2024 al quadro W, che in buona sostanza è assimilabile in tutto e per tutto al quadro RW del Modello Redditi. In particolare, il contribuente potrà dichiarare attraverso il quadro W del 730 le cripto-attività detenute tramite portafogli, conti digitali o altri sistemi di archiviazione o conservazione. Il valore iniziale e finale è generalmente certificato dall'exchange di riferimento. In assenza, possono essere utilizzati i valori di mercato forniti da piattaforme specializzate.

Le compravendite rilevanti ai fini del Fisco
C’è un punto iniziale da chiarire. «Va distinto quello che si paga per la detenzione da quello che si paga per le plusvalenze, cioè i guadagni. Non tutte le compravendite di criptovalute sono fiscalmente rilevanti ai fini di calcolo della plusvalenza, ma solo quelle tra “cripto” con caratteristiche diverse. Per esempio: se ho comprato un Bitcoin e poi lo rivendo verso USDt (Tetherther Dollaro), questa è una transazione fiscalmente rilevante. Se invece lo rivendo verso Ethereum, non lo è. Se la sommatoria di tutte le transazioni fiscalmente rilevanti fatte nell’anno ammonta a più di 2 mila euro, viene applicato il 26% sulle plusvalenze. Se la sommatoria risulta inferiore ai 2 mila euro di plusvalenza, non si paga nulla – spiega Gianluca Massini Rosati, ad di Allcore -. Questa sorta di franchigia vale anche al contrario: se la sommatoria porta a una perdita superiore ai 2 mila euro, per i quattro anni successivi sarà possibile portare questa minusvalenza in deduzione contro le plusvalenze. A questo si somma l’imposta di bollo del 2 per 1000 sulla detenzione delle criptovalute al 31 dicembre o vendute durante l’anno, a prescindere dal fatto che siano state generate plusvalenze». Per l’esperto, si tratta di una sorta di patrimoniale. 

«Prima di tutto bisogna ricordare che, come chiarito dall’Agenzia delle Entrate con la Circolare numero 30/E del 2023, una persona fisica che, al di fuori di qualsiasi attività professionale (d’impresa, arti, professioni, etc.), realizzi una plusvalenza e/o altri proventi mediante cessione, permuta o detenzione di cripto-attività, dovrà assoggettare tale plusvalenza a tassazione qualora questa superi i 2 mila euro nel periodo d’imposta», dice Daniela Delfrate di AndPartners, Tax and Law Firm. Che poi aggiunge: «A oggi le criptovalute che è possibile acquistare in diversi modi (intermediari, wallet privati, etc.) sono numerose e differenti per genere e uso, ciò rappresenta la principale difficoltà quando si analizza una plusvalenza generata da tali valute virtuali. In particolare, con riferimento ai casi di permuta (ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettera c-sexies) del TUIR “non costituisce una fattispecie fiscalmente rilevante la permuta tra cripto-attività aventi eguali caratteristiche e funzioni”. Tale definizione, seppur di facile interpretazione nel caso di permuta tra criptovalute e NFT (Non-Fungible Token), non lo è quando riguarda due criptovalute, perché bisognerà appurare che le due cripto-attività abbiano “eguali caratteristiche e funzioni”. Per quanto tale concetto possa sembrare ovvio, non lo è affatto. A tal riguardo basterà evidenziare che esistono delle cripto-valute cosiddette stablecoin, che sono equiparate alla moneta elettronica a causa della loro natura (mantengono il proprio valore stabile facendo riferimento al valore di una valuta ufficiale) e per tale motivo realizzerebbero, in caso di permuta con criptovalute di genere diverso, una potenziale plusvalenza fiscalmente rilevante». Alla luce di quanto esposto, risulta evidente che il principale problema nel dichiarare correttamente i rendimenti da cripto-attività è intrinseco più che nel calcolo, nella natura stessa delle criptovalute e nella giusta qualificazione dei rendimenti generati.

La tassazione retroattiva
C’è anche un altro punto da considerare. La tassazione è retroattiva, ma su questo punto si attendono precisazioni. «Seppur a partire dal 1° gennaio 2023 la Legge di Bilancio 197/2022 abbia ben definito il regime fiscale applicabile alle criptovalute, appare ancora incerto il trattamento da riservare alle plusvalenze realizzate fino al 31 dicembre 2022 – dice Daniela Delfrate -. La stessa Legge di Bilancio, infatti, con il comma 127 dell’articolo 1, definisce un regime transitorio non di facile interpretazione, secondo il quale le plusvalenze generate da operazioni con criptovalute avvenute prima dell’entrate in vigore del nuovo regime fiscale, si considerano realizzate ai sensi dell’articolo 67 del TUIR. Il comma 127 sembrerebbe evidenziare un potenziale effetto retroattivo della nuova disciplina prevista per l’anno 2023, secondo il quale anche una plusvalenza da criptovalute realizzata nell’anno 2022 sarebbe da ricomprendere nel novero dei redditi diversi. Ci attendiamo quindi ulteriori chiarimenti in merito a tale norma transitoria».

Le sanzioni
«I soggetti residenti in Italia devono indicare tutte le cripto-attività nel Quadro RW del Modello Redditi e tale adempimento è previsto anche per chi, pur non essendo possessore diretto di cripto-attività, ne è titolare effettivo. Quanto alle sanzioni, occorre fare riferimento alle sanzioni applicabili in caso di mancata compilazione del Quadro RW del Modello Redditi. La violazione è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria dal 3% al 15% dell’ammontare degli importi non dichiarati ai sensi dell’articolo 5, comma 2, del Decreto legge numero 167 del 1990», spiega Daniela Delfrate.

Di seguito quanto dice la circolare 30E del 2023: «La violazione dell’obbligo di dichiarazione previsto nell'articolo 4, comma 1, è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria dal 3 al 15 per cento dell’ammontare degli importi non dichiarati. La violazione di cui al periodo precedente relativa alla detenzione di investimenti all’estero, ovvero di attività̀ estere di natura finanziaria negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 maggio 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale numero 107 del 10 maggio 1999, e al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 21 novembre 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale numero 273 del 23 novembre 2001, è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria dal 6 al 30 per cento dell'ammontare degli importi non dichiarati. Nel caso in cui la dichiarazione prevista dall’articolo 4, comma 1, sia presentata entro novanta giorni dal termine, si applica la sanzione di euro 258».

La Circolare 30/E del 2023 fa riferimento solo al Modello Redditi. Ma cosa succede con il 730? «Il fatto che l’Agenzia delle Entrate con la Circolare numero 30/E del 2023 faccia riferimento al solo Quadro RW nel definire gli obblighi di monitoraggio fiscale relativi alle criptovalute, non esclude lo stesso obbligo per i soggetti che non sono tenuti alla presentazione del Modello Redditi PF – spiega Daniela Delfrate -. Infatti, secondo le nuove istruzioni di compilazione del Modello 730 (approvate con provvedimento della stessa Amministrazione finanziaria a febbraio 2024) il quadro W deve essere compilato dalle persone fisiche residenti in Italia che detengono cripto-attività attraverso wallet, conti digitali o altri sistemi di archiviazione e/o conservazione». 

Il principale errore
Il mondo delle cripto-attività, pur rappresentando una realtà consolidata tra gli investitori, dal punto di vista normativo, nonostante negli ultimi anni ci siano stati importanti aggiornamenti, sembrerebbe ancora agli inizi. La questione caratterizza l’immaginario collettivo relativo agli obblighi fiscali e, invero, è diffusa l’idea che non è necessario dichiarare la mera detenzione di criptovalute soprattutto quando questa non generi plusvalenze. «Ancor di più è diffuso il pensiero che la detenzione di tali valute su supporti fisici non renda necessario adempiere a livello dichiarativo, nonostante la norma preveda che gli obblighi di monitoraggio fiscale delle cripto-attività sussistano “indipendentemente dalle modalità di archiviazione e conservazione delle stesse”, e a prescindere che queste siano detenute all’estero o in Italia – dice Daniela Delfrate - È inoltre opportuno ricordare che, come l’obbligo dichiarativo non dipende dalle modalità di archiviazione, la stessa cosa valga per l’obbligo impositivo; infatti, qualora le cripto-attività siano detenute mediante supporti fisici di archiviazione (hard-disk e simili) direttamente dal soggetto detentore e senza quindi alcuna intermediazione, l’eventuale reddito si considererebbe prodotto in Italia se il supporto di archiviazione si trovasse nel territorio dello Stato». Quindi, non dichiarare la detenzione di cripto-attività potrebbe rappresentare un errore significativo alla luce delle sanzioni che ne conseguirebbero e al momento non è prevista una proroga della procedura di regolarizzazione delle criptovalute introdotta con la Legge di Bilancio 2023, scaduta il 30 novembre 2023.

Criptovalute all’estero
Dal punto di vista del monitoraggio, è necessario compilare il nuovo Quadro W nella dichiarazione dei redditi per gli investimenti in criptovalute detenuti all'estero o le operazioni di scambio effettuate con piattaforme estere. Questo aspetto è cruciale sia per la trasparenza, sia per la conformità con le normative di antiriciclaggio. La legislazione italiana ha introdotto modifiche significative con la Legge di Bilancio 2022. Inoltre, l'imposta di bollo si applica anche alle cripto-attività, calcolata al 2 per mille del loro valore .

Quadro W, non solo “cripto”
Il nuovo quadro W non sarà dedicato soltanto alle criptovalute. Questo quadro servirà anche per «assolvere agli adempimenti relativi agli investimenti all’estero e alle attività estere di natura finanziaria». E consentirà di gestire il saldo e gli acconti delle imposte sostitutive, quando dovute: l’Ivie sugli immobili, l’Ivafe sulle attività finanziarie. È una novità che riguarderà centinaia di migliaia di contribuenti che in passato hanno usato il quadro RW del Modello Redditi. Le statistiche del Fisco, basate sulle dichiarazioni presentate nel 2022, dicono che quasi 130 mila tra lavoratori dipendenti e pensionati hanno dichiarato tramite il quadro RW del Modello Redditi investimenti all’estero per un valore di 102,5 miliardi di euro. Si parla di conti e depositi (20,6 miliardi), attività finanziarie (63,6 miliardi), immobili (15,9 miliardi) e altri beni materiali e forme di previdenza (2,4 miliardi). Asset che per il 70% appartengono a dipendenti e per il resto a pensionati. In base allo stesso quadro RW, sono altrettanti i contribuenti tenuti a versare l’Ivafe. È la pattuglia più numerosa censita dalle statistiche e rappresenta la platea minima di coloro che quest’anno potranno usare il Modello 730. Il numero reale, però, sarà certamente più alto, perché non tutti possiedono tutti i tipi di asset.

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