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L’interrogativo che tutti si pongono, adesso che Putin ha conquistato il suo quinto mandato, è chi sarà il primo ministro. E la ragione è semplice: se dovesse morire o comunque perdere lo scettro, a succedergli secondo la Costituzione sarebbe il capo del governo, che lui stesso avrà scelto. Ed ecco allora che si affacciano ipotesi sui quattro cavalieri dell’apocalisse, il poker d’assi, gli uomini che potrebbero ereditare la corona dello Zar.
Il poker d'assi
C’è, naturalmente, la possibilità che Putin confermi il premier attuale. Mikhail Mishustin, il Tecnocrate, che ha servito impeccabilmente la causa della Russia in tempo di guerra, resistendo alle sanzioni occidentali, tenendo i conti a posto, in riga la società e favorendo la conversione di un’economia di esportazioni energetiche verso una vera e propria economia di guerra. Mishustin ha soltanto lo svantaggio (o vantaggio?) di non essere coinvolto nella retorica bellica. È l’altissimo burocrate che a testa bassa garantisce la saldezza dello Stato e lavora in silenzio, invisibile, riportando direttamente al leader. La strategia che lo contraddistingue è quella del low profile, il basso profilo. Emergono, è ovvio, anche altre ipotesi. Una rimanda al vice che ha la delega alle costruzioni, e avrà il compito di ricostruire le regioni occupate dell’Ucraina: Marat Khusnullin, un’influente figura politica. Un altro è il ministro dell’Agricoltura, Dmitry Patrushev, che ha dalla sua il padre, Nikolai Patrushev, sodale di Putin dai tempi in cui militavano nei servizi a Leningrado e che ora è segretario del Consiglio per la sicurezza nazionale, indicato dai media americani come la mente dell’assassinio (camuffato da incidente aereo) del capo dei mercenari Wagner, Prigozhin. Una popolare fiction tv allude a un passaggio di potere a Patrushev Jr, seppure ambientata in un’epoca di monarchie medievali. È centrata sul personaggio di Nikolai Platonovich, che è primo nome e patronimico di Patrushev. Il terzo, fortissimo aspirante a fare il premier nonché potenziale successore di Putin è il suo stratega politico, vicecapo vicario del gabinetto presidenziale e regista dei suoi trionfi elettorali, Sergei Kiriyenko, che ha alle spalle non un padre ma un patron, Yuri Kovalchuk, amico intimo di Putin, definito in un’inchiesta dell’Atlantic Council sui possibili primi ministri dopo il voto come «l’uomo d’affari più potente della Russia». È lui l’artefice della scalata di Kiriyenko al Cremlino, primo ministro con Eltsin, silurato per gli scadenti risultati di gestione, quindi leader di un partito di destra liberale, infine sdoganato a capo dell’azienda di Stato nucleare Rosatom, oggi nel cuore di Putin come suo spin politico.
Le sorprese
Tra gli outsider, spunta il nome di un economista e banchiere consigliere di Putin, il 41enne Maksim Oreshkin. E conta pure il mondo militare e dei servizi. Qui spicca, per l’amicizia che lo lega allo Zar, Alexei Dyumin, ex capo-scorta che la vulgata vuole gli abbia salvato la vita da un orso, altissimo dirigente dei servizi. E, ancora, vanno almeno citati il sindaco di Mosca, Sergei Sobyanin, pure lui come Mishustin poco presente nei media sulla guerra, e l’ex presidente Dmitry Medvedev, che al contrario non fa passare giorno senza sparare sanguinose filippiche ultranazionaliste “da gangster”. A caccia di una visibilità che aveva perduto, cadendo in disgrazia, secondo alcuni tra i fumi dell’alcol. Limitando a quattro i cavalieri e il poker d’assi: Kiriyenko, Mishustin, Patrushev Jr. e Dyumin.