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Raid aerei di Israele sul Libano, Nasrallah: «È un atto di guerra». E arriva il sostegno dell?Iran

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Una chiamata alle armi e alla battaglia. Hassan Nasrallah, il carismatico leader di Hezbollah, il movimento sciita filo-iraniano che controlla parte del Libano, definisce nel suo discorso ai militanti l’attacco di Israele con gli esplosivi piazzati in cercapersone e walkie talkie una «dichiarazione di guerra». E guerra sia, quindi. Il messaggio non poteva essere più esplicito. Mentre parla, i razzi di Hezbollah martellano il Nord di Israele, mentre i caccia israeliani sorvolano a bassa quota Beirut e infrangono la barriera del suono. È la guerra psicologica, l’esibizione di muscoli. L’intimidazione che serve come preliminare dello scontro, anche se i media israeliani spiegano che l’IDF ha approvato i piani d’attacco in Libano, ma il governo di Netanyahu non ha ancora deciso se dare l’ordine di invadere.

IL DISCORSO

Nasrallah ammette che il suo movimento ha subìto un «colpo durissimo», un vero e proprio «massacro» senza precedenti, 37 morti e 3mila feriti. A suo dire, però, Israele puntava a ben altro. «Questa volta ha violato tutte le linee rosse, martedì intendeva uccidere 4mila persone in un minuto facendo esplodere i cercapersone. Molti erano civili, Il giorno dopo, altri mille in un minuto. In due minuti, Israele voleva ammazzare 5mila persone. Questa è una guerra, questo è un conflitto». I morti sono stati 37, ufficialmente pure due bambini, rispetto ai 1200 israeliani e ebrei del 7 ottobre, inclusi i neonati.

«Sappiamo che il nemico, non solo Israele ma anche Stati Uniti e Nato, hanno una superiorità tecnologica, ma Hezbollah si riprenderà e continuerà a combattere», dice Nasrallah. «Indagheremo su quello che è successo e ne usciremo più forti, abbiamo subito attacchi peggiori. Al primo ministro israeliano Netanyahu, al ministro della Difesa Yoav Gallant e al popolo israeliano diciamo: non fermeremo i nostri attacchi finché il nemico non fermerà la sua guerra a Gaza». Sostiene, Nasrallah, di avere avuto addirittura un filo diretto con gli israeliani dopo il primo giorno di offensiva “elettronica”. Gli sarebbe stato detto di interrompere le ostilità, altrimenti ci sarebbe stato un secondo attacco. Nasrallah sa benissimo che Netanyahu e il suo governo hanno un problema politico: il ritorno a casa di decine di migliaia di israeliani sfollati dal Nord per i continui lanci di razzi di Hezbollah dal sud del Libano.

«La punizione a Israele ci sarà – avverte Nasrallah – anche se non diciamo come, dove e quando. Al duro colpo sul piano umano e della sicurezza risponderemo, ma il nostro ambiente, la nostra struttura, la leadership e il controllo sono ristabiliti». I capi veri, i più importanti, a quanto pare non avevano cercapersone o walkie talkie. Le vittime sono quadri minori. «Per quanti sacrifici e conseguenze dovremo subire, gli attacchi a Israele non si fermeranno». Poi, rivolto a Netanyahu. «Volete riportare i residenti israeliani nel Nord del Paese? Provateci, noi non ve lo permetteremo». Hezbollah incassa l’appoggio scontato dei guardiani della Rivoluzione iraniana, i pasdaran. Il loro capo, Hossein Salami, in un messaggio assicura Nasrallah che Israele dovrà affrontare «la reazione schiacciante dell’asse della resistenza».

LA DIPLOMAZIA

Arrivano invece da Parigi messaggi di moderazione. Il segretario di Stato Usa, Antony Blinken, esorta a evitare «azioni di escalation da parte di tutti». Francia e Stati Uniti sono uniti, aggiunge, nel chiedere la de-escalation, il raffreddamento dello scontro, «in Medio Oriente in generale e nel Libano in particolare», dice Blinken. E il presidente francese, Emmanuel Macron, esprime la «più profonda preoccupazione» che le esplosioni attribuite a Israele possano innescare «una pericolosa escalation delle tensioni nella regione». Per il Wall Street Journal, è forte la preoccupazione della Casa Bianca per una spirale di guerra totale che potrebbe innescarsi dopo le minuziose e diffuse esplosioni di dispositivi elettronici che hanno colpito Hezbollah non solo in Libano ma anche in Siria. «La soluzione diplomatica è possibile», ha detto la portavoce Karine Jean-Pierr. Intanto il capo del Pentagono Lloyd Austin ha rinviato la visita in Israele, fissata per l'inizio della prossima settimana.

In più parti di Beirut, nell’est e nel sud del Libano, in case, automobili, supermercati e cafè, nelle strade, perfino in un funerale, osserva l’agenzia di stampa americana AP. E c’è preoccupazione anche in Israele. Annota un editorialista del quotidiano “Haaretz” che nel discorso di ieri Nasrallah ha citato il versetto 39 della Sura di Al-Hajj che offre la base ideologico-religiosa del «permesso a rispondere a un attacco» e in quel caso Allah sarà al fianco dei difensori «fino alla vittoria». Sembra marginale, ma il contesto è evocativo e rimanda alla guerra successiva al trasferimento di Maometto da Mecca alla Medina. Quanto basta per dare le ali al bellicismo dei militanti di Hezbollah. Venti di guerra che preparano scenari di conflitto totale, regionale. Con l’Iran che per il momento sta a guardare e non vorrebbe esservi trascinato, ma che da anni lavora all’arma nucleare e alla cancellazione di Israele.

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