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E ora? Scatta la stagione sulla terra rossa, da domenica Jannik Sinner è impegnato a Montecarlo, dove esordirà forse mercoledì e difende 400 punti in classifica della semifinale di 12 mesi fa. Poi ci sono i 100 dei quarti di Barcellona, i 100 del terzo turno a Roma, i 50 del secondo turno di Parigi. Poca cosa rispetto alle ricche doti capestro dei rivali diretti Djokovic e Alcaraz. E, anche se i rischi sulla superficie per lui più ostica sono tanti, il tennista che l'Italia attendeva dagli anni 70 con Adriano Panatta già rilancia a modo suo: «Sono contento che inizi la stagione su terra, dove di solito faccio fatica. Sono più completo dell'anno scorso e posso mettere in campo anche situazioni diverse. Montecarlo è un torneo difficile perché non hai tanto tempo per adattarti e spesso ci sono dei risultati un po' strani, a Roma già mi sento meglio, rispetto a Madrid dove ho sempre faticato molto, e speriamo di far bene anche a Parigi. Bisogna andare giorno dopo giorno, soprattutto all'inizio, i movimenti sono completamente diversi, e poi vediamo. La terra è sempre dove si vede il gioco vero perché puoi sporcare di più la palla, le palle corte sono importanti. Sono contento di tornarci, sento che mi fa diventare un giocatore migliore».
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Sinner, i problemi sulla terra rossa
«Le sue accelerazioni da dietro, sulla terra sono più gestibili, se non prende la riga la difesa è più facile per gli avversari. Eppoi il rimbalzo gli arriva più alto che sul prediletto veloce indoor, il timing cambia, e, almeno l'anno scorso, centrava meno la palla. Cosa che sul duro non gli capita quasi mai», sentenzia Paolo Bertolucci. Sul cemento all'aperto ci sono situazioni che cambiano fra vento, pioggia, luce, ma Jannik fra lo Slam in Australia e i due Masters 1000 in Nord-America ha dimostrato di sapersi adattare, e sulla terra? «La superficie gli restituisce di meno, deve giocare due-tre colpi in più, e i fattori esterni influiscono di più sugli imprevisti», dice ancora l'ex partner di doppio di Adriano Panatta.
Armi
Roma lo chiama più che mai agli Internazionali di maggio. Del resto, è il prossimo tabù azzurro da sfatare 48 anni dopo. «L'anno scorso s'era messo troppa tensione addosso. Le grandi aspettative l'hanno irrigidito e non funzionò. Ma adesso la situazione è diversa: non dico che batterà gli avversari ancor prima di affrontarli, come succedeva a Nadal, ma sicuramente li troverà preoccupati ed impauriti». Sulla terra bisogna avere anche altre armi tecniche, a cominciare dal servizio. «E Jannik s'è costruito per esempio il servizio kick con la seconda esterna. Così ottiene una palla subdola che gli dà un vantaggio poco appariscente che sposta il ribattitore di mezzo metro verso sinistra e si prende un vantaggio importante per spingere il secondo colpo», aggiunge Bertolucci. Eppoi c'è il fisico, un altro elemento fondamentale sulla terra, che oggi sembra sostenere questo Sinner stratosferico. «Infatti è un altro giocatore rispetto a un anno fa. Si è visto contro Dimitrov, che è un bell'atleta, ma a un certo punto aveva le ginocchia giù, avendo accumulato assieme la stanchezza fisica e quella mentale e la depressione tennistica». Quali sono i suoi rivali più pericolosi sulla terra? «Djokovic, se torna a un certo livello, e poi direi Alcaraz. Quelli come Zverev adesso Sinner non lo tengono. E mi meraviglierei se perdesse con Ruud». Parola di terraiolo doc.