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Speleologa salvata, tra soccorritori Tullio Bernabei che provò a salvare Alfredino Rampi: «Dopo di lui la mia vita dedicata ad aiutare gli altri»

4 giorni fa 1
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Tra i soccorritori giunti a Bueno Fonteno c’è anche Tullio Bernabei, speleologo, oltre 1.500 grotte percorse in Italia e coordinatore di 70 missioni nel mondo.

Salvata dopo 75 ore, la speleologa Ottavia Piana è fuori dalla grotta

Nel 1981 è stato tra i primi a calarsi nel pozzo artesiano di Vermicino, nel tentativo purtroppo vano di salvare Alfredino Rampi. Con la sua telecamera ha ripreso le fasi di recupero di Ottavia Piana.

In quali condizioni l’esploratrice ha affrontato la lenta risalita?

«Ottavia è forte e psicologicamente aveva un vantaggio: essendo una speleologa esperta era fiduciosa del lavoro dei soccorritori. Quando il pericolo di vita è scongiurato, come nel suo caso, ci si affida. Ci conosciamo tutti, abbiamo la certezza che i compagni ci porteranno fuori. Siamo consci dei problemi da affrontare, ma sappiamo di dovere resistere perché andrà tutto bene».

Cosa diceva Ottavia?

«Parlava con i medici che le fornivano assistenza medica e psicologica. All’inizio l’idea della lunga risalita come naturale la scoraggiava un po’. Ma a poche ore dell’uscita era lei a spronare tutti. “Andiamo avanti - diceva - Non vi fermate, procedete tranquilli”. È stata sempre collaborativa e forniva indicazioni».

Però dopo il secondo incidente nella medesima grotta ha anche detto che non si calerà mai più.

«So che è molto in gamba, ma in questo momento è traumatizzata. Penso che una passione così forte non possa scomparire, nonostante le avversità. Lasciamo che sia il tempo a decidere».

Quali sono state le criticità di questo intervento?

«Non tanto la profondità alla quale è avvenuto l’incidente, bensì la lunghezza del tragitto dall’imbocco. E soprattutto la tortuosità del percorso che rendeva complicato il trasporto della barella, con tempi che si sono accorciati nelle ultime fasi».

Ora lei sta progettando un robot per soccorrere i bambini, affinché la tragedia di Vermicino non si ripeta mai più.

«Con la Protezione civile, il Politecnico di Torino e l’Università dell’Aquila stiamo sviluppando robot per salvataggi nei pozzi stretti. Oggi come ai tempi di Vermicino l’unica strategia di intervento è lo scavo parallelo, che richiede giorni. Un periodo nel quale il bambino resta al freddo troppo a lungo e anche se non ha riportato lesioni fatali muore per ipotermia. Grazie al robot il piccolo viene stabilizzato e riscaldato, in attesa della perforazione del pozzo laterale. Nel 2025 partiamo con le prime prove dei prototipi».

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