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Se c’è una promessa per adesso mancata della manovra di Bilancio, è il taglio dell’Irpef per la classe media. Vale a dire la riduzione della seconda aliquota dell’imposta sui redditi che, nei piani del governo, sarebbe dovuta scendere dal 35 al 33 per cento. Progetto accantonato per mancanza di risorse. Ma nell’anno che sta per iniziare, il taglio del secondo scaglione potrebbe tornare in cima all’agenda del governo prima del previsto. In che modo? Utilizzando, per esempio, i soldi che arriveranno dal “secondo tempo” del concordato biennale preventivo delle Partite Iva. Il “patto” proposto dal Fisco agli autonomi è stato accettato da circa 600 mila contribuenti, portando nelle casse dello Stato poco meno di 1,6 miliardi di euro. Un miliardo in meno di quanto sarebbe necessario per tagliare dal 35 al 33 per cento la seconda aliquota Irpef. Ma i 600 mila contribuenti che hanno aderito al concordato biennale, a marzo saranno chiamati di nuovo alla cassa.
GLI INDICI
Se lo vorranno, entro la fine di marzo del 2025, potranno aderire ad una sanatoria “tombale” che permetterà di evitare accertamenti del Fisco sul quinquennio che va dal 2018 al 2022. Secondo le stime, finora inedite, elaborate dalla Sogei, la società del Tesoro che costituisce il braccio informatico del Fisco italiano, il gettito che arriverà nelle casse dello Stato se tutti i contribuenti che hanno aderito al concordato sceglieranno di aderire anche alla sanatoria tombale, supererà i 3 miliardi di euro. Circa 1,9 miliardi arriveranno dall’imposta sostitutiva per le Partite Iva soggette agli Isa, gli indici sintetici di affidabilità fiscale. Altri 571 milioni dal prelievo sugli autonomi e altri 581 milioni saranno incassati con la sanatoria dell’Irap, l’imposta regionale sulle attività produttive. Dai tre miliardi di gettito previsti, tuttavia, andranno sottratti 150 milioni che dovranno coprire i minori incassi per il mancato recupero delle somme da parte dell’Agenzia delle Entrate. Un ammanco che, secondo la relazione tecnica, vale circa un miliardo di euro, la maggior parte del quale però, è già stato coperto facendo affidamento alle risorse del fondo per l’attuazione della delega fiscale.
IL PASSAGGIO
L’incasso finale per lo Stato dunque, dipenderà da quanti tra coloro che hanno scelto il concordato biennale preventivo, aderiranno alla sanatoria. La scommessa è che siano la maggior parte, se non tutti. E questo perché le condizioni offerte sono estremamente favorevoli. Per un commerciante o una partita Iva che parte da un 10 nella pagella fiscale, pagherà una tassa solo del 10 per cento su una base imponibile ipoteticamente non dichiarata pari al 5 per cento di quella inserita nel 730. Ma anche per chi parte da voti molto bassi, al di sotto del 3, la sanatoria presenta delle condizioni favorevoli. La tassa sale al 15 per cento e la base imponibile su cui applicare questa aliquota è pari al 50 per cento di quella già dichiarata.
Va detto che i presupposti di questa sanatoria sono molto diversi di quelli di una rottamazione generalizzata, pure proposta dalla Lega e da Forza Italia per trovare risorse da destinare al taglio dell’Irpef. La “pace” fiscale è offerta solo a quelle partite Iva che hanno aderito al concordato con il Fisco, vale a dire che hanno accettato di “emergere” e di diventare dei contribuenti totalmente affidabili, con un voto 10 nella pagella fiscale. La rottamazione, invece, è un atto di perdono generalizzato che non implica nessun impegno sui futuri comportamenti da parte dei contribuenti nei confronti del Fisco. Due visioni difficilmente conciliabili.