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Tutti a letto presto

6 ore fa 1
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I miei figli sostengono che esco molto più di loro. Mi chiamano al telefono e esordiscono sempre così: “Sappiamo che avrai sicuramente un altro impegno… “, poi propongono di cenare tutti insieme alle sette. Alle sette io non ho ancora finito di lavorare, ma loro mi spiegano che alle 21.30 vogliono essere a letto, dormire nove ore è fondamentale. Casomai, aggiungono, tu puoi uscire dopo, mentre noi ci infiliamo il pigiama (sarà mica un caso se a Natale quest’anno ho regalato pigiami a tutti). Il sabato sera queste creature nel fiore della gioventù non vanno da nessuna parte, può anzi capitare di beccarli ammucchiati su un divano che giocano con il cane.

Andare a letto presto è virale non solo in casa mia ma anche sui social con l’hashtag #earlynight, spinto dalla generazione Z (i nati dal 1995 al 2010), tutti in fissa con le nove ore di sonno. Ma fino a ieri non erano otto? Anche otto è accettabile, l’importante però è la corretta rigenerazione cellulare che, secondo gli studi, avviene nella fase REM, fra l’una e le tre di notte. Se questa riparazione dei tessuti non avviene le conseguenze possono essere serie. Purtroppo questa fase Rem non ha mai cambiato orari fin dalla preistoria, le tecnologie ci hanno spinto verso un cambio di ritmo troppo rapido rispetto ai tempi dell’adeguamento genetico. Abbiamo seguito il ritmo solare e dell’agricoltura per milioni di anni, è recentissimo l’avvento dell’elettricità che ha cambiato i tempi della socialità. I clock genes, i “geni orologio” che regolano il sonno e la veglia nell’organismo umano, non si sono ancora adattati alla vita moderna. Una delle ragioni per cui fare tardi è passato di moda, tra l’altro, è diminuire il consumo di alcol, ora che è assodato quanto fa male anche in minime quantità, e governare il metabolismo di zuccheri e grassi che è super favorito dall’andare a letto presto e restarci a lungo. Quindi, se alle tre di notte stai ancora ballando e bevi un cocktail dietro l’altro sappi che quella non è rigenerazione, è degenerazione.

Già nel 2018 Katie Heaney di “The Cut”, il supplemento del New York Times dedicato a salute e lifestyle, aveva tentato di convincere i newyorkesi a coricarsi alle 20.45. Per riuscire è necessario staccare dal lavoro alle 18, rincasare alle 18.30, spogliarsi immediatamente, cenare frugalmente guardando un episodio di una serie o uno show televisivo, fare un bagno caldo, mettersi sotto le coperte, leggere un po’ e addormentarsi, svegliarsi alle 5.15 del mattino, fare la doccia fredda, fare ginnastica, meditare, prepararsi una colazione sana, cominciare la giornata. Heaney si è resa conto da sola che è una time-table un po’ spinta, quindi ha aggiunto suggerimenti: «Se vuoi una vita sociale organizzala fra le 18 e le 20». Negli anni questo suo articolo è diventato piuttosto famoso, primo di una serie in cui si lodano gli early birds e si dimostra che entro le 6 del mattino la gente importante e potente ha già sbrigato le telefonate, risolto i problemi e preso le decisioni. Le ore del mattino sono le più produttive per tutti gli esseri umani e, se non siete decision makers, potete dedicare le “mattine lunghe” alle vostre passioni, tipo fare giardinaggio al buio.

I commenti dei lettori sono in gran parte indignati. New York è una città che non dorme mai, scrivono. Ma quale lavoro finisce alle 18, chiedono. Dormire tanto è giusto, ma che vita è se ti restano solo due ore libere dopo l’ufficio e le usi per guardare la tv e leggere. E come fai a costruire una carriera e una vita sentimentale se ti metti a letto mentre gli altri prendono aperitivi e flirtano? La soluzione è trovare partners che osservano i tuoi orari, risponde qualcuno. Sembra che tale specifica abbia fatto capolino pure sulle app di dating, dove si cercano altri devoti ai ritmi circardiani, per accoppiarsi e magari innamorarsi alle cinque del mattino. Ed esiste un nuovo target femminile cui rivolgersi, sono le “soft girls” contrapposte alle boss girls, ovvero le ragazze della Generazione Zeta che vanno a letto presto come Robert De Niro in C’era una volta in America (1984), non vogliono far carriera e preferirebbero non lavorare per farsi mantenere dai fidanzati. Hanno un hashtag pure loro, #softgirlstrend, che piace nelle società avanzate o quando la parità fra i sessi è a buon punto, come in Svezia, dove sembrano originalissime e anticonformiste quelle che dichiarano: «Sono stata due ore in palestra e poi ho fatto una partita a carte con le mie amiche mentre il mio partner sgobbava in azienda per tutti e due. Quando tornerà mi troverà fresca e rilassata».

Gli inglesi intanto non ci cascano e guidano il contrattacco dei gufi: una nuova ricerca dell'Imperial College di Londra ha confrontato le abitudini di sonno con le prestazioni cerebrali ed è emerso chi va a dormire tardi «ha risultati migliori nei test di intelligenza, ragionamento, capacità di memoria e tempo di reazione, rispetto alle persone che vanno a letto presto, ovvero le famose “allodole”.

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