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Un appello alla legalità che arriva dal ’68

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Il 29 maggio 1968, dopo tre settimane di violenti scontri tra studenti e polizia, Maurice Grimaud, prefetto di polizia di Parigi (un ruolo corrispondente al nostro questore), invia un messaggio a tutti gli agenti di polizia, a tutta «la Maison», la casa madre come si usa dire. Il testo, agevolmente ancora reperibile sul web, è di straordinaria attualità, quando si parla di introdurre un irrazionale e incostituzionale «scudo penale».

Lo ripropongo in versione italiana integrale, in omaggio ai poliziotti del nostro Paese, che in tante occasioni hanno saputo ispirarsi ai principi dettati allora dal prefetto di polizia di Parigi.


«Oggi mi rivolgo a tutta “la Maison”: alle guardie come ai graduati, agli ufficiali come ai capi, e voglio parlare loro di una questione che non abbiamo il diritto di passare sotto silenzio: quello degli eccessi nell'uso della forza. Se non ci spieghiamo molto chiaramente e molto francamente su questo punto, forse vinceremo la battaglia su questo punto, forse vinceremo la battaglia nelle strade, ma perderemo qualcosa di molto più prezioso e a cui tenete voi come me: è la nostra reputazione. Per averne parlato con molti di voi, so che la stragrande maggioranza di voi condanna certi metodi. So anche, e voi lo sapete con me, che sono accaduti fatti che nessuno può accettare.

Ben inteso, è deplorevole che, troppo spesso, la stampa faccia il processo alla polizia citando questi fatti estrapolati dal contesto e non dica, allo stesso tempo, di tutti gli insulti e le aggressioni che la stessa polizia ha subito, mantenendo la calma e facendo semplicemente il proprio dovere. Ogni volta che ho potuto sono andato al capezzale dei nostri feriti, e posso testimoniare della ferocia di certe aggressioni che vanno dal pavé lanciato frontalmente contro uno schieramento immobile, al lancio di prodotti chimici che possono accecare o ustionare gravemente. Tutto questo è tristemente vero, e ognuno di noi l’ha visto.

Per questo capisco che quando uomini, a lungo tempo aggrediti, ricevono l’ordine di sgomberare la strada, la loro azione sia spesso violenta. Ma ciò su cui tutti dobbiamo essere d’accordo è che, dopo l’inevitabile urto del contatto con manifestanti aggressivi che devono essere respinti, gli uomini dell’ordine che voi siete devono immediatamente riprendere l’autocontrollo. Colpire un manifestante caduto a terra significa colpire se stessi mostrando una immagine che colpisce tutta la funzione della polizia. È ancora più grave picchiare i manifestanti dopo l’arresto e quando sono portati nei locali della polizia per essere interrogati. So che ciò che dico qui sarà male interpretato da alcuni, ma so che ho ragione e che in fondo voi stessi lo riconoscete. Se parlo così, è perché sono solidale con voi. L’ho già detto e lo ripeterò: tutto ciò che fa la polizia di Parigi mi riguarda, e non separerò le mie responsabilità dalla loro. Ecco perché dobbiamo essere tutti solidali nell’applicazione delle direttive che oggi richiamo e dalle quali, ne sono convinto, dipende il futuro della prefettura di polizia.

Ditelo a voi stessi e ripetetelo a chi vi sta intorno: ogni volta che viene commessa violenza illegittima contro un manifestante, decine di suoi compagni vorranno vendicarlo. Non ci sono limiti a questa escalation. Dite ancora a voi stessi, che quando date prova del vostro sangue freddo e del vostro coraggio, chi vi sta davanti è obbligato ad ammirarvi anche se non lo dice. Ricordiamoci, per concludere, che fare il poliziotto non è un mestiere come un altro: quando l'abbiamo scelto, ne abbiamo accettato le dure esigenze, ma anche la grandezza. Sono consapevole delle difficoltà che molti di voi affrontano. Sono consapevole della vostra amarezza di fronte ai commenti sprezzanti o agli insulti rivolte a voi o alle vostre famiglie, ma l’unico modo per correggere questo atteggiamento deplorevole di una parte della popolazione è quello di mostrarvi sempre con il vostro vero volto e di condurre una guerra inflessibile contro tutti coloro, fortunatamente pochissimi, che, con i loro atti sconsiderati, accrediterebbero proprio questa sgradevole immagine che cercano di dare di noi. Vi rinnovo tutta la mia fiducia e la mia ammirazione per avervi visto all’opera per venticinque giorni eccezionali, e so che gli uomini coraggiosi che voi siete mi sosterranno pienamente in ciò che sto intraprendendo e che non ha altro scopo che quello di difendere la polizia nel suo onore e davanti alla nazione».

Maurice Grimaud

Prefetto di polizia di Parigi (1968)

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