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Yair Golan: “Questo governo è una macchia nella storia dello Stato ebraico”

6 mesi fa 4
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L’attuale governo di Benjamin Netanyahu «è una macchia nella storia di Israele. Mi dispiace dirlo ma è la verità». Alle 8 del mattino del 7 ottobre del 2023, il 61enne Yair Golan ha indossato l’uniforme e si è fiondato al suo vecchio quartier generale del Comando del Fronte Interno per farsi dare un’arma. Seguendo il fiuto militare - Golan ha ricoperto, fra i tanti incarichi in Tsahal, il ruolo di numero due dello Stato Maggiore dell’esercito israeliano sotto Gadi Eisenkot - ha guidato la sua auto verso il confine con la Striscia, il più vicino alla foresta di Reim dove le forze Nukhba di Hamas stavano compiendo la strage del Nova Festival. Ha attraversato i campi per raggiungere la posizione di alcuni giovani in fuga e sotto choc, ed è riuscito a portarli in salvo. Così, per altre tre volte. E mentre completava queste missioni di salvataggio spontanee, iniziava a rendersi conto dell’orrore. Al volante della sua auto scansava la scia di cadaveri lungo la strada 232 per non investirli. Da allora - e per mesi - ogni venerdì Golan è tornato nelle comunità evacuate al bordo dell’enclave palestinese. Insieme con decine di volontari si è dato da fare per aiutare i contadini delle comunità agricole, raccogliendo frutta e verdura.

«Inutile dire che il 7 ottobre rappresenta un punto di svolta nella storia di Israele. È la più grande crisi della nostra storia», ha esordito il candidato favorito alle primarie dei laburisti israeliani che si terranno il prossimo 28 maggio, in collegamento con Milano, intervenendo all’assemblea nazionale di Sinistra per Israele. «È un’emergenza rappresentata da due grandi minacce esterne, quella iraniana e quella palestinese, che si combina con altre sfide interne. La corruzione, l’estremismo nazionalista e l’autonomia degli ultra ortodossi», ha spiegato il generale riservista.

La sua carriera politica risale alle elezioni del settembre 2019, tra le fila dei democratici guidati da Ehud Barak. In seguito si è unito a Meretz. Ha ricoperto il ruolo di vice ministro dell’Economia nel «governo del cambiamento» formato dal tandem Yair Lapid e Naftali Bennett. Sconfitto nella corsa per la leadership di Meretz, il suo mandato di parlamentare si è concluso dopo che il partito non è riuscito a superare la soglia elettorale per entrare alla Knesset.

Oggi Golan ritiene che le due realtà di sinistra, Meretz e HaAvoda, ormai ridotte ai minimi termini, dovrebbero fondersi in un unico polo sionista di sinistra e portare all’unificazione del campo liberal-democratico. «Questa è la mia principale missione oggi in Israele. Unire il popolo ebraico per attuare il progetto sionista delle origini, enfatizzando le basi fondamentali. Israele dev’essere una patria per gli ebrei e allo stesso tempo uno Stato liberale, libero, paritario e democratico».

Ai sostenitori italiani della stessa visione, l’aspirante leader della nuova sinistra israeliana ha illustrato le sue soluzioni per la combinazione di sfide esterne ed interne a Israele. «Non potendo ricomporre la minaccia iraniana dobbiamo affrontarla. Ma non possiamo fare a meno di un fronte globale, con un massiccio sostegno da parte dell’Occidente e soprattutto degli Stati Uniti». La minaccia palestinese, invece, «è un po’ diversa», sostiene. Specialmente nello Stato ebraico post 7 ottobre. «Non possiamo riconciliarci con Hamas, ma con una parte dei palestinesi sì. Con l’Anp, di fatto, già ci troviamo in una situazione di cooperazione». Sul fronte interno, Golan sfoga la sua «frustrazione». «Abbiamo bisogno di un cambiamento politico il più presto possibile. E di nuove elezioni. Su questo non ci sono dubbi», dice all’assemblea di Sinistra per Israele che si trova d’accordo all’unanimità. Lo Stato ebraico deve affrontare e risolvere cinque sfide importanti, secondo il candidato: la sicurezza, la solidarietà, l’integrazione delle comunità haredim e arabe, puntellare la democrazia e ricompattare il popolo ebraico attorno al progetto di Israele come Stato democratico ed egualitario. «Stiamo lavorando duramente per rafforzare la protesta pubblica contro questo governo, il più estremo e di destra dal ’48, che dal mio punto di vista non rappresenta la maggioranza degli israeliani moderati». Alla vigilia di Yom HaShoah, la giornata odierna che in Israele ricorda le vittime del genocidio perpetrato dai nazisti e dai loro alleati, Yair Golan sottolinea che «non c'è posto per il pessimismo». È la lezione imparata da suo padre. Nato in Germania, fuggito dalla sua patria quando aveva 5 anni, con metà della sua famiglia giustiziata dai nazisti, ha sempre invitato il giovane Yair a concentrarsi sulla costruzione, non sul dolore o sui sentimenti negativi. Quel monito fa già parte del programma di Golan, che ha sollecitato la platea italiana dicendo: «Dobbiamo essere totalmente ottimisti e agire attivamente per cambiare il corso della storia».

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