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Cecilia Sala, i messaggi di Abedini dal carcere: «Prego per me e per lei». Il 15 udienza sui domiciliari

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Il nome di Cecilia Sala scritto su un foglio bianco, così da memorizzarlo e poter pregare per lei. È quanto ha chiesto ieri al suo avvocato Mohammad Abedini Najafabadi, l’ingegnere iraniano bloccato in Italia lo scorso 16 dicembre su richiesta degli Stati Uniti. Nei giorni scorsi il 38enne avrebbe sentito parlare per la prima volta della giornalista di Chora Media e del Foglio arrestata in Iran e, a quanto fa sapere il difensore Alfredo De Francesco, durante il colloquio di ieri il suo assistito avrebbe voluto saperne di più. «Pregherò per lei e per me», ha detto al legale dopo che gli è stata spiegata la situazione. Sempre a quanto afferma l’avvocato, poi, l’ingegnere esperto di droni si sarebbe particolarmente «incupito» quando ha avuto la conferma che si trattava di una donna.

In attesa che i giudici della Corte d’Appello milanese decidano sulla richiesta dei domiciliari tramite un’udienza che è stata fissata per il prossimo 15 gennaio, Abedini resta in carcere. Proprio lì, negli ultimi due o tre giorni, alcuni detenuti lo avrebbero riconosciuto dai telegiornali, chiedendogli se fosse lui «la persona famosa» che vedevano in televisione. Ancora «provato» e «sempre più incredulo per le accuse mosse dagli Usa nei suoi confronti», l’iraniano ha poi ribadito la preoccupazione per la sua famiglia e «in particolare per il figlio, che non è ancora riuscito a sentire». Dal punto di vista fisico e delle condizioni «generali», però, Abedini sta «bene» e «non ha motivi per lamentarsi della detenzione».

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Nel colloquio con il difensore ha parlato anche del parere negativo agli arresti domiciliari espresso due giorni fa dalla Procura generale di Milano. Per la pg Francesca Nanni, non vi sarebbero le garanzie necessarie a contrastare il pericolo di fuga ed è proprio questo il tema che sarà al centro della valutazione dei giudici della Corte d’Appello. Tra gli aspetti che hanno portato al no della procuratrice generale, anche la scelta dell’abitazione nella quale Abedini, stando all’istanza depositata dalla difesa, dovrebbe scontare la misura alternativa. Si tratta di un appartamento di proprietà del Consolato iraniano e distante tre chilometri dalla sede: troppi, secondo la pg, per escludere il pericolo di fuga.

LE RICHIESTE

Era stata inoltre richiesta dal difensore l’autorizzazione a uscire per andare a fare la spesa – in quanto nessun altro potrebbe farlo al posto suo – e non era stato invece chiesto il braccialetto elettronico. La richiesta verrà valutata da un collegio della quinta sezione che sarà composto da un presidente più anziano e da altri due giudici, ma tra questi nessuno di quelli che si sono occupati della convalida dell’arresto. Per legge, l’udienza non poteva essere fissata prima di 10 giorni, un lasso di tempo stabilito anche a garanzia della difesa per poter raccogliere elementi a favore. Il ministro della Giustizia Carlo Nordio, intanto, può decidere di revocare la misura cautelare in carcere in qualsiasi momento.

«Come ho anche spiegato a lui, chiederemo ancora», ha detto il legale fuori dal carcere di opera dopo la visita. «Valuteremo le motivazioni che verranno eventualmente date e su questa base, con molta serenità, come in tutti i casi che ho sempre affrontato, valuteremo se ci sono altre chance. Verrà rispettata ogni decisione. Ovviamente questo non significa condividerla». Come ha poi ribadito il legale, Abedini «si è molto commosso a sapere che c’è una donna in carcere in questo momento e pregherà per lei e per lui».

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