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Dazi, la contromossa dell’Ue. Nuovo asse con il Canada: “Se attaccati, rispondiamo”

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BRUXELLES. Fare il possibile per scongiurare «un’inutile e stupida guerra commerciale» transatlantica (il copyright è del premier polacco Donald Tusk), che secondo l’Alto Rappresentante Kaja Kallas «finirebbe per far ridere soltanto la Cina». Ma pronti a rispondere colpo su colpo come ha fatto il Canada, anche perché la strategia del premier Justin Trudeau si è rivelata utile e ha permesso di portare Donald Trump al tavolo delle trattative e congelare i dazi. L’Unione europea prova a serrare i ranghi in vista delle tariffe del 10% ventilate da Washington e, nell’attesa, stringe un patto con Ottawa.

L’ex premier belga Guy Verhofstadt ha addirittura proposto di aprire le porte del club Ue al Canada. Si tratta chiaramente di una boutade, ma l’alleanza euro-canadese delle vittime reali e potenziali dei dazi di Trump è già una realtà. C’è stata una telefonata, domenica sera, tra il primo ministro canadese Justin Trudeau e il presidente del Consiglio europeo Antonio Costa. È stato Trudeau a chiamarlo alla vigilia del vertice Ue e gli ha chiesto di far arrivare a tutti il suo messaggio. Bisogna rimanere uniti, tenersi pronti a rispondere a Trump con la stessa moneta e rafforzare le partnership extra-Usa. Soltanto così si può arrivare a un accordo con il presidente americano. Costa e Trudeau, rivela un funzionario Ue, «hanno confermato la loro determinazione a continuare a lavorare insieme su tutti gli aspetti di questa cooperazione».

Ufficialmente, al vertice di ieri, i Ventisette leader Ue avrebbero dovuto parlare soltanto di questioni legate alla Difesa con la “D” maiuscola. E invece, sin dal mattino, si sono ritrovati a discutere di come difendersi dalle politiche commerciali di Trump. L’occasione è stata offerta dalla prima sessione di lavoro nel Palazzo d’Egmont di Bruxelles, sede del ministero degli Esteri belga, che ha ospitato per tutta la giornata il “ritiro” dei leader. L’agenda prevedeva proprio una discussione sulle relazioni transatlantiche, teoricamente in ambito militare e sicurezza, ma si è subito animata attorno alla questione dei dazi. «I leader hanno evidenziato il valore della partnership Ue con gli Stati Uniti che ha radici profonde ed è destinata a durare nel tempo – ha riassunto un funzionario al termine del confronto, che come previsto è terminato senza conclusioni scritte – e hanno concordato che quando ci sono dei problemi, bisogna trovare delle soluzioni».

E così, mentre si discute di cosa mettere sul piatto per provare a placare Trump («Dovremmo proporre un accordo di libero scambio per l’industria automobilistica e aumentare gli acquisti di gas naturale liquefatto», ha suggerito il presidente lituano Gitanas Nauseda), si preparano le contromosse. Il cancelliere tedesco Olaf Scholz, che guida il Paese europeo con il maggior surplus commerciale nei confronti degli Stati Uniti, ha ricordato che «sia gli Usa che l’Europa traggono vantaggio dallo scambio di beni e servizi» e che «se ci fosse una politica che rendesse ciò difficile, allora sarebbe un male per gli Usa e un male per l’Europa». Ma «l’Europa – ha aggiunto – è un’area economica forte: possiamo gestire i nostri affari in autonomia e possiamo rispondere a una politica dei dazi con una politica dei dazi». Ancor più diretto il presidente francese, Emmanuel Macron: «L’Europa è una potenza e, se attaccata sul piano commerciale, dovrà farsi rispettare e reagire». Uno scenario che spaventa la Camera di Commercio americana in Europa, che ieri ha invitato le parti a trovare una soluzione.

Macron è tornato a mostrare i muscoli anche nella sessione del vertice dedicata alla Difesa, insistendo sulla necessità di dare «preferenza» agli acquisti europei per quanto riguarda le forniture militari. In particolare, per le spese congiunte. Su questo, però, rimane la contrarietà di molti altri Paesi, a partire dalla Germania e dalla Polonia: «Convincerò i leader a non introdurre restrizioni alla possibilità di spendere denaro europeo per gli armamenti americani – ha avvertito Tusk –. Le relazioni in termini di Difesa con Stati Uniti, Canada e Norvegia devono rimanere in prima linea». Nonostante l’appello condiviso ad aumentare le spese militari, i leader non hanno ancora trovato una linea comune sulle fonti di finanziamento: l’idea del debito congiunto cara all’Italia trova il sostegno della Finlandia e dei baltici, ma continua a incontrare la resistenza di Paesi Bassi e soprattutto Germania. Da Scholz, però, è arrivata un’apertura per la flessibilità sui conti pubblici dei singoli Paesi e infatti Ursula von der Leyen si è detta «disposta a esplorare la piena flessibilità prevista dal Patto».

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