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E adesso il sindacalista Landini della CGIL si riscopre barricadero e insurrezionalista. Occupa le piazze ed esorta la sollevazione contro le politiche del governo, a suo dire autoritarie.
Era ora, verrebbe da dire, che il sindacalista si risvegliasse e rimettesse al centro la conflittualità e la difesa dei temi del lavoro. Dopo una lunga, anzi lunghissima, fase letargica e dogmatica, in cui sembrava a onor del vero che Landini fosse in vacanza alle Hawaii, il sindacalista della CGL si risveglia e si dà alle piazze. Parlo a ragion veduta di una lunga fase letargica, dacché credo che non tutti abbiano obliato alcuni momenti, a nostro giudizio decisivi, della storia più recente.
Ad esempio, quando Landini non mosse un dito contro l’infame tessera verde della discriminazione e del controllo biopolitico, pudicamente e anche un po’ orwellianamente detta Green Pass. Infame tessera verde che, lo ricordiamo, mise in atto una inaudita violenza contro le classi lavoratrici, private del loro stesso diritto di lavoro, in forma palesemente incostituzionale oltretutto. O ancora, non tutti avranno obbliato quando Landini si esibì mediaticamente accanto all’euroinomane Mario Draghi, l’unto dai mercati.
Landini non solo si esibì a fianco di Draghi, ma si fece altresì immortalare con la mano di quest’ultimo appoggiata sulla spalla, secondo un segnale che in molti vollero interpretare come emblema della docilità dei sindacati rispetto al potere, anzi allo strapotere neoliberale e bancario. Un’immagine perfetta, secondo alcuni, del reale rapporto di subalternità totale del mondo del lavoro e dei sindacati rispetto allo strapotere del turbocapitalismo.
Del resto, non dico nulla di particolarmente originale se affermo che, attualmente, i sindacati sono decisamente più propensi a sostenere i carri arcobaleno delle parrucche fucsia e degli uomini camuffati da donne che i lavoratori suppliziati ogni giorno dalla globalizzazione infelice. Tra l’altro, non sfugga che Landini ha più volte evocato il pericolo di svolta autoritaria con il governo della destra bluette neoliberale di Giorgia Meloni. Ma le misure stringenti e repressive dell’ordine terapeutico non lo erano ancora di più?
E perché in quel contesto Landini non mosse dito e non aprì bocca? Come ho cercato di mostrare nel mio studio “Storia e coscienza del precariato”, la grande restaurazione turbocapitalistica sviluppatasi dopo il 1989 trova nella desindacalizzazione del mondo del lavoro un suo momento fondamentale.
Direi anzi che si tratta di una conquista di classe decisiva: della classe dominante, ça va sans dire. E detta desindacalizzazione avviene non solo per il tramite delle astuzie molteplici della ragione capitalistica, che precarizza il lavoro e lo rende strutturalmente non tutelato. La desindacalizzazione avviene anche grazie alla nuova postura decaffeinata e docile dei sindacati stessi, sempre più pronti a difendere il capitale e ad abbandonare i lavoratori alla loro mesta solitudine sofferente.
Come la sinistra, anche il sindacato ha già da tempo voltato le spalle ai lavoratori per aderire al ritmo della globalizzazione turbo-capitalistica. Ed è dunque davvero surreale che adesso Landini punti il dito contro la svolta autoritaria del governo, a suo giudizio realmente esistente, e poco o nulla dica in reale difesa del mondo del lavoro, sempre più suppliziato dall’aggressività del fanatismo del mercato.
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