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Ora tutto ruota attorno all’auto dei terroristi. E dall’auto si capiscono moltissime cose, anche una istintivamente ovvia, ma che è bene cercare di dimostrare: e cioè che l’Fsb – nelle sue nuove accuse all’Ucraina – mente. Potevano bloccare quell’auto ore e ore prima, e non l’hanno fatto. Non è più una supposizione ma, alla luce delle fotografie che pubblichiamo, un fatto.
L’Fsb, il giorno dopo l’attentato, aveva detto (alle ore 12 di Mosca) genericamente che i terroristi erano stati arrestati «nella regione di Bryansk» (ma alle 9 di mattina del 23 marzo ora di Mosca, Baza – canale vicinissimo alle agenzie di sicurezza – aveva riferito che l’auto con i sospetti era stata fermata vicino al villaggio di Teply – regione di Bryansk, sì, ma a soli 16 km dal confine con la Bielorussia. Poi alle 10:25 il deputato della Duma Alexander Khinshtein aveva corretto che il fermo era avvenuto a Khatsun, che è a 150 km dall’Ucraina - e 190 km dalla Bielorussia). Ora però sono state ritrovati ben sei avvistamenti dell’auto per violazioni della velocità, e relative multe, e le prime sono tutte ancora piuttosto vicino a Mosca. In una notte come quella, un’auto correva abbastanza velocemente (limite di 90, andava a 145 all’ora) e era già stata fotografata dalle telecamere di sorveglianza. Domanda: perché è stata fatta arrivare al confine, bielorusso o ucraino che sia?
Le registrazioni delle multe per queste violazioni sono state trovate dal collettivo russo indipendente “IStories” sul servizio (accessibile a chiunque) Payment State Traffic Safety Inspectorate.rf. Una Renault bianca con targa “T 668 UM 69” ha violato sei volte il limite di velocità sull’autostrada M-3 “Ucraina” la sera dell’attentato – ai chilometri 45, 46, 49, 73, 81 e 108 dell’autostrada. Sono tutti avvistamenti non così lontani da Mosca – sempre se davvero crediamo che i servizi russi abbiano fermato questa macchina molto più avanti, quando era nel distretto di Surazhsky della regione di Bryansk, ossia al chilometro 376 della stessa autostrada, quando ormai era la notte del 23 marzo. Il dubbio appare legittimo: l’hanno lasciata andare? O l’hanno fermata ben prima di quanto dicano, facendola arrivare poi – o scortandola/accompagnandola – in prossimità del confine, cosa che serviva ad accusare l’Ucraina?
Lukashenko ha chiarito che, da parte bielorussa, era impossibile passare, e così facendo non ha dato una grandissima mano a Putin, stavolta: «Volevano fuggire in Bielorussia. Ma in Bielorussia, fin dai primi minuti dopo l’incidente, sono state adottate misure di sicurezza speciali; a livello dei servizi speciali, hanno agito secondo un algoritmo predeterminato. Questo è anche il motivo per cui i terroristi non hanno osato andare in Bielorussia, ma si sono spostati verso l’Ucraina». Ucraina che però è il confine in assoluto più militarizzato, attualmente, di tutta la Russia. Com’è ovvio, con una guerra in corso.
L’auto era insomma stata ampiamente e immediatamente riconosciuta; perché arrestarla cinque ore dopo? Ben presto, secondo fonti de La Stampa, i servizi russi avevano anche ricostruito le procedure della vendita del mezzo: tre sospetti, anche loro tagiki, erano stati individuati (non sono accusati di avere partecipato fisicamente alla strage), Isroil Islomov e i suoi due figli Aminchon e Dilovar.Dilovar è accusato di aver venduto agli attentatori la macchina. Dice che non sapeva niente, si è autodenunciato, e non sapeva dove fossero diretti.