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La rivoluzione sul tatami: un’iraniana e un israeliano per un film dove lo sport sfida la politica

9 mesi fa 10
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Sono i dettagli che trasformano la storia del mondo in quella di una persona e il cinema e lo sport sono in grado di esaltarli. Se si mettono insieme c’è la possibilità di capire in meno di due ore un conflitto decennale e quasi di scioglierlo, almeno in uno spazio di due metri per uno. Sono le misure del Tatami, superfice usata per le gare di judo e titolo di un film in uscita in Italia il 4 aprile, nel primo Paese che lo distribuisce dopo il passaggio all’ultimo Festival di Venezia.

Lo firmano due registi Guy Nattiv, famoso per l’Oscar al cortometraggio Skin, e Zar Amir, migliore attrice a Cannes per Holy Spider di Ali Abbasi. La trama gira intorno a una judoka iraniana e alla sua allenatrice, arrivate ai Mondiali per portarsi a casa un oro e fermate dal loro stesso governo che teme un incrocio con l’avversaria israeliana. Si ispira a una storia reale, al maschile, quella di Saeid Mollaei che davvero ha disobbedito a Teheran durante un Mondiale di judo, ma la protagonista si porta addosso più tracce. È Sadaf Khadem, la prima pugile iraniana che ha rischiato l’arresto per non aver indossato l’hijab, è Kimia Alizade, campionessa di taekwondo, bronzo ai Giochi del 2016, rientrata da eroina e poi scappata in Germania in cerca di libertà. Nel personaggio emergono i tratti di atlete che hanno sentito l’orgoglio di rappresentare l’Iran e hanno scoperto di non poterlo fare. I regimi cercano facce da sventolare, da appiccicare alla dittatura e lo sport si ribella, per natura. Il cinema amplifica il messaggio, così Tatami diventa una zattera di gomma piuma in mezzo alle tensioni internazionali.

Nattiv e Amir sono entrambi espatriati, come l’intero cast e hanno tutti lavorato in segreto a Tiblisi, in Georgia, perché questa produzione scandalosa infastidisce più di uno stato, agita potenti che avrebbero tentato di interrompere le riprese: «Il clima sul set non ne teneva conto, ci sono voluti cinque minuti per diventare amici. Mangiamo lo stesso cibo, ascoltiamo la stessa musica. Non siamo i peggiori nemici che la scuola ci insegna a detestare».

Il film esce a quattro mesi dalle Olimpiadi e propone un dilemma che attraverserà anche le competizioni di Parigi. Gli ucraini si rifiutano di gareggiare con i Russi che il comitato olimpico ha squalificato e riammesso a ranghi ridotti. Saranno presenti solo da atleti neutrali, senza divisa o bandiera o inni, lontano dalle cerimonie di apertura e chiusura, costretti al silenzio o protetti dal silenzio, come sostiene il Comitato olimpico che ha scritto le regole. Saranno una cinquantina, non di più, nessuna disciplina di squadra, eppure questo rigido protocollo non basta. Che cosa succederà se un ucraino si troverà di fronte un russo lo capiremo solo quando i due sceglieranno se darsi la mano, ignorarsi, affrontarsi. Fino a qui ogni atleta ucraino è stato categorico, «i russi sono gli invasori» e chi fa il loro mestiere non è considerato in altro modo. Abbiamo già visto l’imbarazzo degli arbitri in un Mondiale di scherma, quando Olga Kharlan, plurimedagliata, si è rifiutata di salutare la rivale Anna Smirnova ed è stata squalificata. Applicare le norme o capire che un disagio ingestibile è arrivato in pedana dipende dai singoli, dalle direttive delle federazioni e dai Cinque Cerchi, anche se su questa materia non si può stabilire una giurisprudenza. Ogni incrocio ha uno sviluppo unico e Tatami lo spiega benissimo. Vederlo aiuterà a captare ogni possibile imbarazzo, a intercettare le vibrazioni, a intuire tutto quello che si muove dietro le quinte di una prova già emotiva di per sé perché rappresenta la realizzazione di vite ed esistenze intere, perché si presenta ogni quattro anni. Quando si carica pure di un marasma geopolitico arriva al limite dei nervi. Può succedere qualsiasi cosa: la più splendida come la più fastidiosa.

Si può scappare dai Giochi, lo ha fatto Andy Diaz, nato a L’Avana, oggi italiano, pronto a indossare l’azzurro questa estate in Francia, per inseguire un successo nel salto triplo. Ha la cittadinanza dal febbraio del 2023 e conta i giorni che gli mancano per essere convocabile nelle gare internazionali. Ha lasciato Cuba proprio mentre stava a Tokyo, ai Giochi del 2021, dove è arrivato con la nazionale caraibica senza mai saltare per loro e senza tornare indietro. È fuggito a Roma, ha bussato alla porta di Fabrizio Donato, bronzo nel triplo a Londra 2012, che lo ha praticamente adottato ed è diventato il suo allenatore.

Alle Olimpiadi ci si schiera ben oltre i colori che si portano addosso. Diversi atleti arabodiscendenti sono stati sanzionati per essersi espressi a sostegno della Palestina. L’Olimpiade vieta di schierarsi per questioni religiose o politiche e anche questa norma va stretta alla realtà, è stata di recente cambiata per accettare istanze globali, come i messaggi anti razzismo. Nonostante tutte le bandiere appese, i Giochi mescolano i confini e Tatami usa questa particolarità. Nel film le due avversarie, l’iraniana e l’israeliana, si abbracciano prima che inizi il torneo. Una chiede all’altra del figlio, una dice all’atra che la sua storia d’amore è finita perché il compagno non accettava i continui viaggi, la perpetua assenza in nome del judo, una lotta, non scelta a caso dai registi: «Poteva essere solo il judo il tramite, per definire la forza di queste donne circondate da uomini che guardano dall’altro mentre loro resistono, soffrono, sanguinano, continuano a cercare vie di uscita». Nel film le due non arrivano alla finale. L’iraniana denuncia le pressioni, chiede aiuto. L’allenatrice prima tenta di mediare, poi si arrende al coraggio, scappa anche lei. Nella finzione è tutto molto rapido: il marito della judoka iraniana lascia Teheran con il bambino in braccio per varcare il confine tra un’eliminatoria e una semifinale. Nella realtà è più complicato, però le conseguenze sono quelle, pure le sorprese.

Nell’ultima scena si vedono campionessa e allenatrice su un bus: la sequenza ricalca l’inizio solo che loro hanno le divise della squadra dei rifugiati. Esiste sul serio, sfilerà lungo la Senna il 26 di luglio per dirci che Tatami non è solo un film.

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