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ROMA. Forse il 25 novembre non ci sarà più il Movimento 5 stelle. O, meglio, non si chiamerà più così. Proposta numero 15 del report sulla revisione dello Statuto M5s: «Modificare il nome, in quanto non più rappresentativo delle caratteristiche attuali del Movimento». Su questo probabilmente anche Beppe Grillo voterebbe a favore. Del resto, sfogliando questo documento specifico, uno dei 12 consegnati ieri dalla società “Avventura Urbana” per restituire il frutto del confronto deliberativo tra i 300 iscritti estratti a sorte, si capisce chiaramente che il tempo del fondatore è definitivamente passato. Proposta numero 4: «Eliminare la figura del Garante, con diverse varianti: a. non riassegnare le sue funzioni a nessun altro soggetto; b. riassegnare le sue funzioni al Comitato di Garanzia; c. riassegnare le sue funzioni a un organo collegiale democraticamente eletto e con un mandato a tempo determinato». Sottotitolo, bye bye Beppe.
Tra l’altro, poco più sotto, numero 8, si propone di «semplificare le procedure di modifica dello Statuto eliminando la possibilità, per il Garante, di richiedere la ripetizione, per la terza volta, di una votazione». Una delle poche armi, forse l’unica, che Grillo ha per rovinare i piani di Giuseppe Conte durante l’atto finale dell’assemblea, il 23 e 24 novembre al Palazzo dei Congressi di Roma. Ma, se si mette in votazione all’inizio questa proposta, la freccia del comico genovese viene spezzata.
Va detto che i report sui tavoli tematici sono ancora molto articolati, dalla sanità al lavoro, dalla transizione ecologica alla scuola e università, passando per pace e Europa: dovranno confluire in un documento di indirizzo politico da sottoporre al voto degli iscritti; quindi, ci sarà un ulteriore passaggio di sintesi per semplificare contenuti e obiettivi. In ogni caso, i riflettori sono inevitabilmente accesi sui «principi fondanti», cioè sui paletti che Grillo ha invano cercato di mettere lungo il percorso costituente. Del cambio di nome si è detto, mentre sul simbolo M5s si fanno varie ipotesi, tra cui «modificare integralmente il simbolo» o «apportare al simbolo modifiche che riflettano battaglie politiche attuali e adattarlo a campagne di comunicazione differenti». Dunque, non è un ragionamento sul “se” cambiarlo, semmai sul “come”.
Poi c’è il totem storico, il limite dei due mandati elettivi, sul quale vengono prospettate due strade nel report riguardante la revisione del Codice etico. La prima: «Eliminare il limite dei due mandati, anche per le cariche interne del Movimento». Liberi tutti, fine della regola identitaria. La seconda: «Modificare la regola sul limite dei due mandati, con diverse varianti: a. abbassamento a uno del numero massimo di mandati; b. nessun limite per le cariche di presidente di Regione e Sindaco (salvo quelli previsti dalla legge); c. aumento a tre del numero massimo di mandati complessivi nei livelli regionale, nazionale o europeo; d. due mandati per ciascun livello amministrativo; f. calcolo dei mandati svolti solo per i mandati portati a termine; h. eliminazione del limite per il livello comunale». Si sono sbizzarriti e, in attesa di sapere quale sarà il punto di caduta, si accettano scommesse sul fatto che la variante “a” non sarà maggioritaria. Infine, può essere utile segnalare a Elly Schlein le «proposte relative alle alleanze politiche». Punto 1: «Vietare le alleanze, per preservare l’integrità del Movimento». Punto 4: «Non dichiarare alcun posizionamento, ritenuto riduzionista, e mantenere la storica distanza dalla destra e dalla sinistra». Per fortuna ci sono anche i punti 2 e 3, che lasciano aperta qualche speranza di costruire un’alternativa alla destra. nic. car.