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Russia, ecco le nuovi sanzioni Ue: navi fantasma, diamanti, banche, ma anche joystick e videogame (usati per pilotare droni)

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A poche miglia dalle coste italiane, stretta tra la Sardegna e la Tunisia, ieri pomeriggio navigava indisturbata la Prosperity: una petroliera gigante di 176 metri rosso scarlatto. Meno imponente della Chen Lu, battente bandiera panamense, a mollo al largo di Creta, carica di petrolio. Come panamense, a fidarsi del vessillo che sventola a bordo, è la mastodontica Evin, 99mila tonnellate di oro nero in pancia che per poco non finivano disperse nel Mar Baltico qualche settimana fa, con la nave alla deriva e il governo tedesco infuriato, intento a trascinarla a riva per scongiurare una catastrofe naturale.

Si allarga la “flotta fantasma” del Cremlino nel mirino delle nuove sanzioni europee. Altre settantatré navi si aggiungono alla lista del sedicesimo pacchetto di sanzioni contro Mosca visionato dal Messaggero, che oggi atterrerà sul tavolo del Consiglio affari esteri. Nel terzo anniversario della guerra, mentre a Kiev, a fianco di Zelensky, si schiererà l’intera Commissione Ue di Ursula von der Leyen. Traffico di diamanti, petrolio, gas liquido. E ancora: porti e aeroporti, camion e merci trasportate su strada. Perfino console e joystick per i videogames, apparentemente innocui, e invece utilissimi a manovrare i droni che massacrano ucraini nelle trincee.

IL SEGNALE UE

L’Europa batte un colpo. E suonano davvero poco trumpiane, in queste ore in cui tutto è rimesso in discussione - aspettando il G7 - le parole scelte in premessa nel documento riservato della Commissione Ue. «In vista della gravità della situazione, e in risposta alle azioni russe per destabilizzare la situazione in Ucraina, è necessario introdurre nuove misure restrittive». Non sono poche. Né indolori per il Cremlino. Oggi ci metterà la firma, per l’Italia, il ministro degli Esteri Antonio Tajani. C’è da scommettere che non filerà tutto liscio a Bruxelles, dove già si lavora al Consiglio europeo straordinario fissato il 6 marzo. Viktor Orban, galvanizzato da Trump, ha già fatto capire che aria tira: l’Ungheria monterà le barricate.

Specie sul secondo round del nuovo pacchetto: cioè il rinnovo della lista di sanzioni contro gli oligarchi e i funzionari russi previsto il 15 marzo. Le sanzioni sul tavolo Ue picchiano duro. Al bando le importazioni di alluminio “primario” russo, perché il business del metallo «genera significativi guadagni alla Russia, permettendo il prosieguo della sua guerra di aggressione». Nuova poi è la regola imposta agli importatori di diamanti degli Stati Ue di certificare con «una prova tracciabile» - attraverso la tecnologia blockchain - la provenienza delle pietre preziose, per assicurare che «non siano reperite, processate o prodotte in Russia». Altrimenti scattano le sanzioni della Commissione. Una tagliola pensata per troncare il business ciclopico dei diamanti russi e invitare a fare altrettanto i Paesi africani chiave per quelle rotte, come l’Angola e il Botswana, spiegano fonti della Commissione.

Nel mirino dell’Ue oggi finiranno altre tredici banche russe escluse dal sistema Swift. Per lo più istituti regionali, fondamentali però per aggirare le sanzioni e permettere le transazioni con i Paesi asiatici. Nella lista Banca Sinara, tra le più grandi banche regionali russe, come la privata National Reserve Bank. Della schiera la banca digitale Totchka e Roseximbank, istituto impegnato a facilitare l’export di prodotti ingegneristici dall’Asia all’America latina.

Si allarga la lista, al contempo, dei media russi (o filorussi) oscurati in Ue: entrano Eurasia daily e il popolare sito in inglese Lenta. Un colpo importante l’Ue lo assesta, come detto, alla “flotta” fantasma, l’esercito di navi commerciali e petroliere - almeno seicento secondo le intelligence occidentali - che dall’inizio della guerra avrebbero aiutato il Cremlino evadere le sanzioni energetiche trasportando milioni di tonnellate di petrolio dall’Asia a Suez fino al Baltico. Molte delle nuove navi sanzionate stazionano in queste ore nel Mediterraneo.

Tra le new entry la Great Jacombo, ieri nel canale di Suez, secondo il governo ucraino affiliata al gigante della cantieristica indiana Gatik Ship Management. Mentre solca il Mar Nero, al largo delle coste turche, la petroliera da 248 metri NS Leader, che le autorità di Kiev riconducono alla Sovcomflot, la più grande compagnia navale di Stato russa. E nella lista entra anche la Swift Sea Rider, battente bandiera tanzaniana, accusata dal governo estone di essere in realtà una “nave spia” russa impegnata nel monitoraggio di navi Nato e di aver partecipato lo scorso dicembre al taglio del cavo energetico sottomarino Estlink 2 che collega l’Estonia alla Finlandia.

GLI SPIRAGLI

Più debole, per i mille veti a Bruxelles, è il colpo assestato contro il business energetico russo. C’è il divieto contro lo stoccaggio temporaneo di «petrolio russo e prodotti derivati nell’Unione, a prescindere dal prezzo e dalla loro destinazione finale». Ma il pugno Ue diventa una carezza sul gas naturale russo (Lng): manca il bando alle importazioni in Ue. Una mano è poi tesa all’Ungheria: potrà continuare a comprare componenti russe per costruire la linea 3 della metro a Budapest e far funzionare il terminale ungherese dell’ “Oleodotto dell’amicizia”, il più lungo al mondo: 4mila chilometri di condutture fino in Russia. Esenzioni per tenere aperto il dialogo. Cercare di non allontanare ulteriormente gli Stati membri tentati dall’abbraccio con Mosca.

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