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Bergonzoni e il “Tavolo delle trattative”. Otto gambe speciali per sostenere la pace

5 ore fa 1
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Uno degli otto supporti ha ancora indosso la calza di nylon con cui la donna aveva cercato di dare alla sua protesi un tono d’uniformità, rispetto all’altra gamba che ancora le restava dopo aver pestato la mina. Un altro è dotato di un rudimentale meccanismo a doppia leva, che simula i movimenti base di un ginocchio: avanti e indietro, senza poter fare destra o sinistra. È il più lungo, compensava un'amputazione grave.

Uno solo tra gli elementi non tocca il pavimento. Forse, apparteneva a un bambino. Tutti insieme, questi arti artificiali che Emergency ha preso e inviato da un suo centro di riabilitazione per mutilati di guerra in Iraq, sorreggono quello che Alessandro Bergonzoni ha costruito e svelato ieri a Bologna: Il Tavolo delle Trattative.

L’artista in questione è molto noto per il suo teatro, maestro nella trasformazione di parole, prestigiatore di concetti. Da tempo è avvezzo alle arti plastiche, ha fatto diverse personali. Da sempre, è impegnato per la non violenza, i diritti, l’uguaglianza. Sostiene che il tavolo non l’abbia ideato lui, ma che sia stato «opera della guerra». Le oltre cinquanta guerre che sono attualmente in corso in tutto il mondo, per la precisione, andando anche oltre le più seguite: il conflitto israelo-palestinese, quello russo-ucraino.

Ieri, Bergonzoni ha tirato il velo nero che copriva l’opera con un gesto elegante da rematore e ha detto: «Volevo trasformare le mutilazioni in azioni: virtualmente, e spero non solo, questo tavolo deve stare in tutti i teatri di guerra». Parlava dalla sala della Cultura di Palazzo Pepoli, che come tutti gli altri musei cittadini prevede attività straordinarie per la settimana di Art City 2025.

Ci si può sedere chiunque e se «qualcuno accavallandoci le gambe sotto finisse per colpire le protesi, allora credo che dovrebbe chiedere scusa alla persona che le indossava», prega Bergonzoni. Tra qualche giorno, ci si siederà ufficialmente lo stesso autore, in compagnia del sindaco di Bologna, Matteo Lepore, del cardinale Matteo Maria Zuppi, presidente della Cei, del presidente dell’Unione delle Comunità Islamiche d’Italia, Yassin Lafram, e di quello delle Comunità Ebraica locale, Daniele De Paz.

Bergonzoni si è pure scusato per non aver al momento coinvolto tutte le religioni esistenti. Ma la sua idea è che «il tavolo cammini, che vada in una certa direzione» e che finisca per realizzarsi in diversi contesti. Dopo Bologna, per cominciare, andrà a Roma. Nel frattempo, l’autore vorrebbe che «si allungasse il più possibile», comprendendo altri posti. Intanto, ne costruirà altri, che poi donerà ad Emergency, perché possa venderli in un’asta di beneficienza.

La realizzazione l’hanno curata Verde e Lazzari, scultori del VL Lab di Parma. Il senso di instabilità è voluto. «Ce lo ha chiesto Alessandro - spiegano - per far sentire come la struttura tremi e come non sia certa». Le trattative delicate, d’altronde sono così.

Il legno del piano è rivestito di cemento rapido: si è voluto rappresentare un tavolo costruito con le macerie rimaste dopo un bombardamento. Se, dopo aver girato il mondo, ospitato trattative e «persone che la pensano diversamente», il tavolo tornasse davanti ad Alessandro Bergonzoni, lui vorrebbe soprattutto «trovarci sopra degli umori», perché lo considera anche un «tavolo anatomico», su cui non restano «gli umori di un corpo ormai andato, ma gli umori che cambiano, gli umori che fanno capire e, dopo aver capito, fanno parlare con chiunque». Come detto, l’artista è abile nei giochi di parole, oltre che con le sculture. Inoltre, ha a cuore la pace.

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