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I tornanti della storia e la forza della ragione

5 ore fa 1
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De te fabula narratur. Di questo mondo sempre più confuso e interconnesso parla ogni riferimento di Sergio Mattarella agli anni Trenta del secolo scorso. I tanti “ismi” di allora - protezionismi, nazionalismi, cattivismi – come chiave per comprendere la posta in gioco di oggi, nel mondo di Donald Trump.

L’evoluzione di Mattarella, testimone dell’antipolitica ha tenuto insieme l’Italia

Si capisce che il capo dello Stato considera il tempo che ci è dato di vivere come un tornante della Storia. Anche i toni sentiti ne raccontano il carattere epocale, per quel che Trump e il trumpismo rappresentano nel rapporto col mondo: nuovi feudatari e novelli “corsari”, alla ricerca di egemonia sulla terra e nello spazio. E tuttavia, il tema non è tanto la denuncia degli antichi “ismi” che si ripropongono in forma nuova, nel tempo delle passioni tristi e delle paure, segnato dalle guerre, dal conflitto tra le autocrazie e le democrazie e dalla crisi degli organismi internazionali, ieri la Società delle nazioni oggi l’Onu. E non è nemmeno il classico ottimismo della volontà contrapposto al pessimismo della ragione. La cifra di questo discorso, tra i più importati di Mattarella, è proprio la forza della ragione. Che, in fondo, è la forza delle democrazie, capaci, quando hanno saputo misurarsi con le ansie della realtà e coniugarle coi propri principi, di garantire 70 anni di pace ed espansione dei diritti. È, in definitiva, l’invito a non piegarsi alla logica del più forte, ritrovando una capacità reattiva nel proprio bagaglio di valori. Perché, è il sottotesto, si può rispondere alla crisi senza cedere alla logica degli uomini forti e delle economie chiuse, si può coniugare sicurezza e democrazia, ai confini dell’Ucraina o dentro i singoli confini nazionali, si può rompere il racconto che il “cattivismo” sia “più efficace del buonismo”.

Mattarella: “L’Europa non tradirà libertà e democrazia. L’Ue scelga se vassalla o protagonista”

Attenzione, qui non c’entra nulla la denuncia moralisteggiante da anime belle. Il cuore del messaggio, tutto politico, è una sveglia all’Europa. Una sorta di appello ai “costruttori” europei, in cui è arrivato il momento di scegliere se essere “vassalli o protagonisti”. Ecco, Trump per l’Europa è una sfida esistenziale che la mette di fronte alle proprie fragilità e responsabilità. Sullo sfondo c’è l’afonia dell’Ue sui grandi conflitti, da Gaza a Kiev, il balbettio post elezioni americane e la sua eclissi di classi dirigenti, dalla Germania scossa dall’avanzata di Afd al traballante governo francese.

A questa sfida si risponde solo con un salto di qualità nella direzione di una maggiore soggettività politica. Occorre però che i nuovi costruttori europei si sentano tali, scendano dall’Aventino separato dalla realtà, si misurino con quel “common sense” (senso comune) che Trump amplifica senza freni e lo declinino, senza cacofonie, in una chiave aperta, democratica, multipolare. Per Trump l’Aventino è perfetto: ognuno si occupa solo di sé, nel rapporto one to one, e tutti satelliti dell’America. Se fosse così, dell’Europa resterebbero solo moneta unica, ininfluenza nel mondo e declino delle democrazie.

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