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Carriere separate dei magistrati, il significato e cosa cambia con la riforma

7 ore fa 1
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«Ministro, una foto!», «ministro, guardi qui!», «è una giornata storica. Non crede?». Nel giorno del primo via libera alla riforma della separazione delle carriere, i riflettori sono tutti puntati su Carlo Nordio. Un nugolo di parlamentari di maggioranza lo circonda, in Transatlantico, subito dopo il voto: c'è chi gli fa i complimenti, chi tira un sospiro di sollievo («il primo scoglio l'abbiamo superato»). Più di qualcuno si avvicina per la photo opportunity, ma basta anche un selfie. Ed eccolo in posa sorridente: vicino a lui, nel primo scatto, il presidente della commissione Affari costituzionali, Nazario Pagano, e il viceministro alla Giustizia, Francesco Paolo Sisto.

Si respira ottimismo, e così pure il Guardasigilli, in genere cauto, si lascia andare, con i cronisti, a un auspicio: quattro letture parlamentari entro l’anno? «Io spero anche entro l’estate».

I VOTI

Il provvedimento, nell'emiciclo della Camera passa con 174 voti favorevoli, 92 contrari e 5 astenuti. Una «maggioranza schiacciante», rivendica Nordio. Se la maggioranza, dopo giorni di distinguo sul sorteggio dei membri laici dei due Csm (FI aveva presentato un emendamento per eliminarlo) si è ricompattata al momento della votazione finale, lo stesso non può dirsi per il fronte delle opposizioni. A votare con il centrodestra sono stati anche i deputati di +Europa e Azione. Che pure hanno dispensato qualche critica. Un «sì stentato», lo ha definito il calendiano Antonio D’Alessio, per una chiusura verso il Parlamento giudicata «frustrante». Benedetto Della Vedova, invece, ha parlato di una modalità di approvazione «irricevibile». Mentre Pd, M5s e Avs hanno votato contro, Italia viva ha deciso di astenersi. «Siamo favorevoli alla separazione delle carriere ma una riforma non è solo un titolo», ha sottolineato Roberto Giachetti in aula, auspicando per il Senato i miglioramenti non apportati alla Camera. Un’ipotesi del terzo tipo dell’irrealtà per la maggioranza: «Difficile che si riapra un testo rimasto blindato in prima lettura», sussurra qualcuno. Nonostante il finale annunciato, le opposizioni non hanno risparmiato bordate contro la riforma. Per Cafiero De Raho del M5s il ddl «indebolisce l'autonomia e l'indipendenza della magistratura». La responsabile Giustizia dem, Debora Serracchiani, lamenta un «chiaro intento punitivo, come chiaro appare il furore ideologico che l'accompagna». Per Angelo Bonelli si tratterebbe addirittura di una «deriva autoritaria» che «mira a costruire un'Italia in cui la magistratura risponda al potere esecutivo». È per smentire quest'ultima accusa che il Guardasigilli decide di intervenire in Aula: «Not in my name. Una sottoposizione del pubblico ministero all'esecutivo non sarebbe mai, mai, mai approvata. Ho scelto di fare il Pm 47 anni fa proprio perché ritenevo che fosse e dovesse essere indipendente da qualsiasi forma di potere». Nel frattempo, gli azzurri cantano vittoria su due odg approvati. Il primo, a firma di Enrico Costa, per valutare l'opportunità di garantire concorsi separati per l'accesso alla magistratura requirente e giudicante. Il secondo, di Paolo Emilio Russo, per garantire il rispetto della parità di genere (uno degli aspetti della riforma finito nel fuoco di fila delle opposizioni).

I PROSSIMI PASSI

Fuori dall'Aula lo sguardo di Carlo Nordio è rivolto all'esito finale della riforma, che coincide con il referendum: «Per una materia così complessa e delicata è bene che si pronunci il popolo», dice ai cronisti, auspicando un’argomentazione razionale dei pro e dei contro. E però, la fase referendaria si prospetta già infuocata: l'Associazione nazionale magistrati, in una nota, punta il dito contro una riforma «sbagliata che non migliora sotto alcun punto di vista il servizio giustizia». Mentre Magistratura democratica chiama alla protesta già in occasione delle cerimonie di inaugurazione dell'anno giudiziario: «I magistrati abbandonino l'aula, in forma composta, nel momento in cui il rappresentante del ministro prenderà la parola». Insomma, è ancora presto per cantare vittoria.

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