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La legge di stabilità per il 2025 ha ampliato e reso strutturale, pur introducendo un criterio di reddito (fino a 40.000 euro annui), il raggio delle madri lavoratrici con due o più figli che possono ottenere una parziale decontribuzione, che nella legge di stabilità dello scorso anno era stato limitato in forma sperimentale alle sole lavoratrici dipendenti a tempo indeterminato. Ha infatti incluso sia le lavoratrici dipendenti a tempo determinato sia le lavoratrici autonome. Rimangono escluse formalmente le lavoratrici domestiche, secondo una cattiva tradizione consolidata per la quale non sono considerate lavoratrici come tutte le altre. Ma rimangono escluse, di fatto anche se non di principio, molte mamme adottive.
Come è noto, le adozioni sia nazionali sia internazionali non sono solo in forte diminuzione. Riguardano ormai prevalentemente bambine/i già grandicelli, di 8-10 anni, quindi non solo con storie pregresse spesso molto complicate, che richiedono cure e tempi di reciproco adattamento diverse, ma certo non inferiori di quelle richieste da un neonato o bambino molto piccolo, ma con un’età prossima (dieci anni per le mamme di due figli, diciotto anni per quelle con tre figli a partire dal 2027) a quella massima del figlio più piccolo che consente di fruire della decontribuzione. Per questo molte mamme adottive non hanno potuto accedere all’esonero contributivo introdotto lo scorso anno e non potranno, o solo per un periodo molto breve, accedere a quello nuovo.
Se l’obiettivo di questa misura è riconoscere non solo i costi, ma il valore umano e sociale dell’assumere la responsabilità di avere un figlio in più, nel caso della maternità adottiva il riferimento non dovrebbe essere all’età del figlio più piccolo, ma alla data di ingresso in famiglia, analogamente a quanto stabilito per l’accesso al bonus per i nuovi nati o, appunto, adottati. È quanto hanno chiesto già lo scorso anno alcune associazioni di famiglie adottive e affidatarie, senza tuttavia trovare ascolto dal governo e dalla ministra per la famiglia.
Visto che i ministeri del Lavoro e dell’Economia devono ancora definire con un decreto le modalità attuative del nuovo esonero contributivo, c’è ancora spazio per fare chiarezza su questo punto, sempre che ce ne sia la volontà politica. Si parla spesso, un po’ impropriamente, dell’adozione come “nuova nascita”. Sicuramente è un nuovo inizio, che cambia la vita dell’adottato e di chi adotta, che richiede un’alta intensità di tempo, cura, investimento. Riconoscerlo almeno equiparandolo a una nascita sarebbe un passo anche simbolicamente importante. Non cambierà di molto la situazione delle mamme e famiglie adottive, che hanno soprattutto bisogno, come e più delle altre, di servizi e di accompagnamento. Ma eliminerebbe quella che di fatto è una discriminazione ingiusta.