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Nel Veneto che sfida il governo per ricandidare Zaia: “Non si tocca”

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«Tanti politici si occupano di cose che non conoscono. Luca Zaia invece è nato qua, è cresciuto qua e si è sempre occupato del Veneto. Anche l’autonomia di cui parla sempre non è mica una brutta roba. Noi qui confiniamo con il Trentino e con il Friuli e quando siamo in giro sui cantieri parliamo con la gente, e vediamo che i nostri vicini di casa si trovano bene con quel sistema lì». A Claudio Franceschetto, muratore di 58 anni di San Donà di Piave in trasferta a Treviso per la ristrutturazione di un appartamento, ragionare di terzo mandato e di scontro fra Fratelli d’Italia e Lega in vista delle prossime regionali interessa poco o nulla.

Eppure basta fare due chiacchiere con lui, quando a fine giornata si gode un bicchiere di Cabernet e una fetta di mortadella davanti al bancone della “Vecia Hostaria dai naneti”, a due passi da piazza dei Signori, per farsi un’idea molto concreta di cosa intende il governatore Zaia quando parla di «Veneto first». E anche della consapevolezza con cui martedì ha sfidato Giorgia Meloni e il suo stesso segretario di partito Matteo Salvini annunciando che se non garantiranno la «continuità amministrativa» (la sua possibilità di ricandidarsi o in alternativa un nome leghista che porti avanti il suo lavoro) lui e i veneti sono pronti a correre da soli rompendo l’alleanza di centrodestra. Con l’ambizione non solo di bloccare l’avanzata dei “fratelli”, ma pure dibattere il centrosinistra e mostrare al resto del Paese uno schema politico completamente diverso. «Il Veneto è dinamite, va maneggiato con cura» va ripetendo il capogruppo in Regione Alberto Villanova, ribadendo un concetto già espresso dal segretario regionale Alberto Stefani.

Il punto di partenza è la presenza capillare della Liga da Belluno a Rovigo: 1.179 amministratori locali con un tasso di riconferma alle ultime amministrative vicino al 100%. Ma non solo. C’è la personalità del Doge, che fa dire a Susanna Voltolini e al marito Giorgio appena entrati ai “Naneti” «giù le mani da Zaia e dalla sua simpatia», ma c’è soprattutto un modello di amministrazione che ha cambiato la sensibilità degli elettori. Nicola Zampieri, di professione commercialista, lo riconosce pur dichiarandosi politicamente laico. «Il rischio è che arrivi uno incapace a svolgere un lavoro che è più operativo che politico - riflette mentre aspetta il suo panino al prosciutto -. Il limite dei due mandati ha senso in linea di massima, ma nel caso di specie significa sostituire un modello che ha dimostrato di portare benefici alla comunità. Qual è il male minore?». E allo stesso modo la pensa anche buona parte di quel tessuto imprenditoriale che della “specificità veneta” è forse la colonna vertebrale.

«Credo che in questo momento non solo noi imprenditori ma qualsiasi cittadino preferisca la continuità» spiega Riccardo Donadon, amministratore delegato di H-Farm, l’incubatore tecnologico nato nel 1995 alle porte di Treviso che oggi si estende per 52 ettari comprendendo anche una scuola e un’università. «La disruption è una richiesta quando le cose non funzionano - prosegue -, mentre qui si è lavorato sulle infrastrutture e sullo snellimento della macchina pubblica». Dino Giusti, imprenditore a capo di un’azienda meccanica da oltre 50 milioni di euro di fatturato, 300 dipendenti e 100 robot, sintetizza il concetto in due parole: «Capacità di ascolto e vicinanza». «Io sono sempre stato schierato da un’altra parte e Salvini non lo digerisco, ma in questo momento voglio sostenere Zaia e spero che vada fino in fondo» dice.

Che Zaia vada fino in fondo, in ogni caso, lo spera soprattutto quella Liga trevigiana in cui il giovane pr delle discoteche si è fatto le ossa. E c’è chi si augura che questa mossa abbia effetti anche sulla Lega. «Finalmente Zaia scende in campo e non sta più dietro le quinte - festeggia Toni Da Re, ex segretario regionale ed ex europarlamentare espulso dal partito dopo aver insultato Salvini -. A febbraio ci sarà il congresso federale e mi auguro che Luca sfidi Matteo perché sicuramente vincerebbe». «Ho seminato bene - dice invece l’ex sindaco sceriffo Giancarlo Gentilini, 96 anni “e la testa che per fortuna funziona ancora” -. La Liga dovrà pesare la propria caratura ma un nome lighista è sicuramente meglio, perché il sangue genuino non si deve perdere lungo la strada».

Di «necessità di portare avanti una lunga storia» parla anche l’altro illustre ex sindaco di Treviso Gian Paolo Gobbo. L’attuale inquilino di Cà Sugana, invece, quel Mario Conte che da molti è indicato come uno dei possibili successori di Zaia, è convinto che la ribellione venetista possa risvegliare l’intera Lega e non solo. «Questo è un laboratorio unico - ragiona davanti al leone di San Marco di bronzo della sala giunta -. Da una parte c’è la politica romana che vuole cambiare un modello amministrativo di successo con le norme, dall’altra c’è la gente che ci chiede continuità».

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