Gli Stati Uniti «prenderanno il controllo a lungo termini di Gaza e la trasformeranno nella Riviera del Medio Oriente». Donald Trump ha lanciato la proposta più azzardata, per ora, del suo secondo mandato, spazzando via decenni di politica americana nell'area e le sue stesse promesse di disimpegno da qualsiasi teatro di guerra. Allo stesso tempo suscitando lo sdegno dei leader di quasi tutto il mondo.
Il progetto, poi, di trasferire gli 1,7 milioni di civili che vivono a Gaza potrebbe violare la Convenzione di Ginevra sui diritti umani che gli Stati Uniti hanno sottoscritto. Tra l’altro, dove andrebbero? Egitto e Giordania continuano dire no, mentre Trump si è detto convinto che alla fine accetteranno. Tra una settimana alla Casa Bianca arriverà il re di Giordania che ha già respinto «qualsiasi tentativo di annettere terre e sfollare i palestinesi a Gaza e in Cisgiordania».
Israele ha anche annunciato che seguirà la decisione degli Stati Uniti e si ritirerà dal Consiglio per i diritti umani dell'Onu per «discriminazione» nei suoi confronti. Quanto ai costi del piano del presidente americano, la Casa Bianca ha chiarito che non saranno gli Stati Uniti a finanziare la ricostruzione che potrebbe ricadere su vari partner, soprattutto nel Golfo. Trump, che ha annunciato una visita in Israele, Gaza, Arabia Saudita e in Medio Oriente, potrebbe aver in mente una strategia simile a quella adottata per i dazi: fare la voce grossa per convincere le parti a negoziare.
La tensione resta alta. Intanto, contro l'Iran il presidente Usa ha varato una direttiva durissima mentre emergono dettagli sull'accelerazione del programma di Teheran per dotarsi della bomba atomica. Infine, c'è il nodo della normalizzazione dei rapporti tra Israele e Arabia Saudita. Netanyahu ha assicurato che si farà la pace tra i due Stati. Riad, tuttavia, ha gelato le aspettative: «Nessuna normalizzazione senza la creazione di uno Stato palestinese».
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